Sabato 2 giugno 2007 |
Alle nove raggiungiamo a piedi il mausoleo di Gur Emir che abbiamo visitato in notturna ieri sera. Oggi la costruzione ci fa un'impressione diversa. Il sole illumina la cupola di tre quarti da dietro ed il colore delle maioliche ci appare più azzurro. Entriamo nella grande sala con i monumenti sepolcrali che abbiamo visto ieri e con un sovrapprezzo di mille sum entriamo nella sottostante cripta di Tamerlano dove si trovano le vere tombe. |
Dopo aver girato tutto attorno al monumento ed averlo fotografato da ogni parte, saliamo sul pullman, che è venuto a prenderci e proseguiamo diretti alla piazza Registhan su cui si affacciano su tre lati le antiche madrase della città. |
Cominciamo la visita da quella di sinistra, l'Ulug Bek Madrasah (1417-1420) dove ci viene mostrato come venivano fatte la piastrelle di maiolica. In base al disegno ogni pezzo veniva tagliato e rifinito a mano per farlo combaciare perfettamente con gli altri, quindi il puzzle così formato veniva legato con lo stucco e formava la singola mattonella. |
Flora definisce la madrasa in cui ci troviamo insieme a quella che gli sta di fronte, la Sherdor Madrasah che ha raffigurate sul frontale due tigri, madrase classiche perché hanno all'interno a metà dei lati quattro grandi archi. |
Passiamo nella madrasa centrale , la Tillya Kori Madrash che racchiude al suo interno la moschea d'oro. Alcune anziane donne stanno togliendo con rudimentali zappette dal manico corto l'erba che cresce fra le pietre del selciato del cortile. |
La lunga visita ha sfaldato il gruppo e Flora si affanna per cercare di ricompattarlo: deve proporre a tutti lo spettacolo facoltativo di questo pomeriggio e non sa come fare per raccogliere in una volta sola le adesioni. |
Ci riesce dopo averci fatti entrare nell'aula, che si trova nell'angolo destro in fondo della terza madrasa, dove ora, come in tutte le altre stanze c'è un negozio, per farci assistere alla dimostrazione di come era il parangià, pesante costume con velo che tutte le donne prima del 1917 erano costrette a portare fuori delle loro abitazioni. |
A piedi raggiungiamo la moschea di Bibi Khanym. Edificio grande ed imponente quasi tutto ricostruito senza differenziare le parti originali da quelle rifatte. I raggi del sole cadono quasi a perpendicolo sulle nostre teste e gli spostamenti avvengono da un'ombra all'altra. |
Abbiamo mezzora di tempo per passeggiare all'interno del mercato di frutta e verdura che si trova lì vicino. Sui banchi in cemento sono allineate le merci raggruppate per tipo: frutta secca, patate, frutta fresca, verdura, riso, pasta e spezie. Dietro, donne dal sorriso tutto dorato propongono il loro acquisto. |
Per dimostrare la propria capacità economica e anche perché se venivano ripudiate dovevano abbandonare la propria casa solo con quello che avevano addosso, le donne hanno preso l'abitudine di sostituire i propri denti con denti d'oro. Rientriamo in albergo per il pranzo. L'appuntamento è fissato per le tre per proseguire le visite. Prima tappa agli scavi archeologici della vecchia città di Afrosiyob che si trovava nel punto più alto della zona a fianco del fiume Siyob. Le mura della vecchia città, costruita con mattoni di argilla essiccati al sole, una volta portate alla luce ed esposte alle intemperie si disfano tramutando quanto resta in un informe rilievo di terra. Poche tracce in pietra delle vie principali sono l'unica testimonianza visibile degli undici strati archeologici che compongono il sito. La passeggiata sotto i raggi del sole per vedere quanto rimane della vecchia città è deludente. Unica curiosità le piante dei capperi ormai in fiore e le tane delle marmotte. |
Dopo le esaurienti spiegazioni di Flora ripartiamo diretti alla necropoli di Shakmi Zinda, grosso complesso cimiteriale con costruzioni e tombe che si trovano vicine a quella principale del santo. |
Al centro del cortile è stato allestita una predella come palcoscenico ed attorno i triclini dove ci accomodiamo per assistere alla rappresentazione. Abbiamo fatto aspettare gli altri spettatori che ora ci guardano mostrando stizziti il loro disappunto. Lo spettacolo è piacevole ed alla fine gli attori coinvolgono alcuni di noi in un ballo collettivo. |
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