Mercoledì 12 ottobre 2005

Djerba-(Sidi Bakour-Guellala-Houmt Souk Km. 87)

Alle 7,30, dopo la riunione per ascoltare Hamda che ci illustra il programma della giornata, partiamo per il giro panoramico dell'isola. Prima tappa Chellala dove si concentrano varie fabbriche di ceramica. Dopo una breve sosta panoramica prima di entrare in paese, ci portano in un negozio. E' pronta per noi la dimostrazione della fabbricazione di un vaso utilizzando un tornio a piede. Poi ci lasciano liberi per il negozio. Ognuno di noi acquista una serie di oggetti per i piccoli regali da portare agli amici. Il maggior successo lo ottiene un cammello magico che alternativamente versa olio e aceto. C'é chi acquista un pesante servizio di piatti dimenticando cosa lo aspetterà in aeroporto per il sovrappeso. Usciamo prima del gruppo e ci dirigiamo di fronte dove si trova un negozio dello stesso genere. Il gestore ci invita ad entrare e scopriamo più o meno gli stessi oggetti, con la stessa tipologia di fabbricazione e con prezzi leggermente più alti. Al gruppo, per evitare inutili e laboriose contrattazioni, evidentemente Handa ha fatto praticare prezzi già depurati dall'aumento calcolato per la trattativa che normalmente viene considerata indispensabile per uno scambio commerciale. Anche qui ci troviamo in un negozio e non in una fabbrica di ceramica che sono altrove, vicino alle cave di argilla. (Maison de Poterie http://www.djerbapoterie.com) Gianfranco scopre poco lontano un piccolo mercato. Davanti all'ingresso una moltitudine di uomini seduti apparentemente nullafacenti con larghi cappelli di paglia. Pochi attimi prima di partire lo racconta a Mario che, per non perdersi una nuova inquadratura, si lancia per raggiungere quanto gli é stato descritto. Ritorna trafelato ma soddisfatto, buon ultimo quando siamo già tutti saliti sulle auto. Arriviamo alla Sinagoga Ebraica, seconda tappa prevista della mattinata. Dall'esterno somiglia più ad una caserma: uomini armati di guardia, mura di cinta e portoni in ferro chiusi. Ma l'edificio é chiuso sul serio. Oggi per gli Ebrei é una ricorrenza festiva ed il tempio é riservato al culto. Senza neanche scendere proseguiamo per Houmt Souk, centro amministrativo dell'isola. Ci fermiamo davanti al porto. Alcune barche da pesca sono rientrate e i pescatori stanno togliendo i pesci dal tramaglio, in prevalenza seppie.

Sulla diga che protegge il porto é ammassata una grande quantità di anfore. Servono per la pesca dei polipi. Vengono calate sul fondo la sera, legate una all'altra e recuperate la mattina successiva. Durante la notte gli animali, credendo di aver trovato un sicuro rifugio, vi si rintanano ed i pescatori li catturano. Questo tipo di pesca viene fatto d'inverno a partire da novembre.

Ci dirigiamo a piedi verso il forte spagnolo poco distante verso est, meta sostitutiva della sinagoga. A metà del tragitto Hamda ci racconta della torre che fu fatta costruire dal pirata Dragut, utilizzando i crani degli spagnoli uccisi dopo la presa del castello (Borj er Rouss-la torre dei crani), distrutta nel 1848 per ordine del Bey di Tunisi. Ora al suo posto una stele ricorda l'episodio. Prima di entrare nel castello, ci fermiamo a comperare datteri in un piccolo mercato di frutta e verdura con banchetti all'aperto, variopinto e pieno di acquirenti chiassosi. Ma i più chiassosi siamo noi nella contrattazione per l'acquisto dei datteri. Saliamo sulle mura del castello per guardare il mare da un punto più alto, ma si tratta di pochi metri e la prospettiva non cambia di molto. Ariviamo al centro del paese. Ci portano alla cooperativa della fabbrica dei tappeti: Atelier de Tapis Sadok Hadji. Dopo una dimostrazione di tessitura davanti ai telai, dove una decina di donne sono intente ad annodare i fili di lana, ci fanno accomodare in una sala, ci offrono del té e ci mostrano una serie di tappeti. Siamo una delle poche coppie a fare gli americani che acquistano tutto. Dopo aver contattato sull'importo chiesto che comprende l'imballaggio, la dogana e le spese di spedizione, per cercare di riuscire a spuntare un prezzo ancora più basso, Betta mi sussurra: "Domandagli cosa ci fanno se lo portiamo via noi"

"Che cosa? Ti rendi conto che si tratta di un tappeto tre metri per due che pesa oltre sedici chili. Lo porto in aereo con lo spallaccio come bagaglio a mano?"

Proseguiamo a piedi. Hamda ci fa passare attraverso la porticina di un portone dipinto di azzurro, nel cortile dell'hotel Marhala (pensione completa a venticinque dinari al giorno e con altri due danno anche la doccia). Le camere, senza finestre, disposte su due piani, si affacciano sul cortile, dove si trovano palme e piante. Al centro della costruzione la frescura é deliziosa. In mattinata il cielo é rimasto velato. L'afa é pesante ed il caldo, ora che é spuntato il sole si fa sentire.

Raggiungiamo il mercato della frutta delle spezie e del pesce. Caratteristica la contrattazione del pesce al grido. In un porticato con tre archi, tre banditori sono seduti su uno scranno dipinto di azzurro. Alzando una serie di pesci infilati in una foglia di palma, invitano gli astanti a fare le loro offerte e dopo pochi secondi li assegnano a chi ha fatto l'offerta, per passare ad un successivo stock.

Dopo venti minuti di libertà per aggirarci nel mercato, rientriamo in albergo alle 13,45. Dobbiamo sbrigarci: il ristorante chiude alle 14,30.

Un salto in camera e alle 14 siamo nella sala. Ormai i camerieri hanno cominciato a sparecchiare e non ci fanno sedere nei tavoli vicino al buffet. Ci invitano a cambiare tavolo quando ormai da soli abbiamo apparecchiato. Quasi tutto é terminato e alle 14,30 chiudono implacabilmente. Cominciano a lavare il pavimento con la varechina e ci portano via i piatti sotto il naso.

Elisabetta non si dà pace: come occupare il pomeriggio libero?

Non le garba di stendersi in piscina, che non le é mai piaciuta, e per lei andare in spiaggia significa trovare il lettino sotto l'ombrellone e mettersi a dormire pigramente sdraiata al sole. Qui non se ne parla, non é come a Rimini.

Maria Pia ha noleggiato un taxi che farà fare a lei ed ai nipoti il giro dell'isola. L'idea piace a mia moglie e si mette alla ricerca di chi coinvolgere nel progetto. Trova Elisa e Tania che accettano di venire con noi.

Alle 15,30 un autista che parla italiano verrà a prenderci con un taxi e ci porterà per tre ore in giro sull'isola al prezzo di 45 dinari.

Prima tappa alla moschea Fadh Loun, ora non più adibita al culto che "l'agenzie de la mise en valeur du patrimonie et de promotion culturelle" ha fatto restaurare e fa visitare al pubblico. Il bianco edificio ha un fascino particolare e si erge in mezzo alla sabbia rossastra. A fianco della costruzione principale col minareto, ci sono i vecchi granai ed i resti della macina che un asinello azionava.

Proseguiamo e Lazar, il nostro autista, ci porta a vedere un "menzel", un piccolo e rigoglioso appezzamento di terreno situato in una delle poche zone dell'isola che ha nel sottosuolo acqua dolce, irrigato da un sistema di canali a sfioro. Proseguiamo verso il ponte romano: un terrapieno che esisteva già al tempo dei fenici, dove corre l'acquedotto e uno degli elettrodotti che portano energia all'isola.

Nella zona a sud dell'isola le palme sono rade. Le loro radici trovano acqua salmastra e non producono frutti commerciabili.

Arriviamo a Ghellala, dove siamo già stati questa mattina per visitare i negozi di ceramica.

Entriamo nel mercato che aveva notato Gianfranco. Anche ora un buon numero di uomini, forse gli stessi, sono seduti davanti all'ingresso senza fare nulla. Il mercato é piccolo ma l'animazione é grande. Siamo i soli intrusi e nessuno pare accorgersi di noi, ma siamo consci che non é così. Filmo la scena tenendo la videocamera in mano all'altezza del fianco, cercando di non urtare la suscettibilità degli astanti.

Poco lontano raggiungiamo il punto più alto dell'isola dove da pochi anni é stato costruito un museo con lo stile delle vecchie costruzioni che si armonizza col resto del paesaggio.

Nonostante sia il punto più alto ci troviamo a poche decine di metri sul livello del mare. Davanti a noi Ghellala é illuminata dal sole ormai basso sull'orizzonte. Le signore vorrebbero andare a vedere la parte nord ovest della costa dove, secondo quanto ha detto Hamda, c'é una scogliera. Ma l'autista sostiene che non c'é una strada diretta per arrivarci e dovremmo fare un giro che richiederebbe più di un'ora e mezza.

L'unica alternativa rispetto a rimanere dove siamo per vedere il tramonto é raggiungere Ajim, punto di arrivo e partenza dei traghetti. Giungiamo quando il sole sta per tramontare. Assistiamo all'attracco di una delle imbarcazioni e aspettiamo che il sole sparisca oltre l'orizzonte. Risaliamo in macchina, dobbiamo attraversare tutta l'isola lungo la dorsale più lunga. Ormai sono le 18 e le strade sono deserte.

Il Ramadan ha lo stesso effetto di un coprifuoco. Lazar corre veloce. E' già stato multato pochi giorni fa per eccesso di velocità e domani deve consegnare la patente che gli sarà ritirata per un mese. "Non hai paura che ti possano multare ancora?" gli domando. "Adesso tutti i poliziotti stanno mangiando!" Alle 18,30, dopo tre ore esatte dalla nostra partenza, rientriamo in hotel. "Dopo tutti i chilometri che abbiamo fatto nei giorni scorsi - chiedo a mia moglie - hai organizzato questo giro, perché avevi paura di perdere l'allenamento?" Nuova cena a buffet, meno fornita di quella della sera precedente, pochi passi attorno alla piscina poi a letto. Domani alle sei suona la sveglia e riprendiamo in mano i bagagli per partire in direzione di Monastir.

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