Mercoledì 6 maggio 1998.

Sveglia alle 6,30. Il tempo é ancora variabile e probabilmente non riusciremo a salire fino in cima all’Etna. La sommità é coperta di nubi. Ci dirigiamo, lungo il versante sud est, ai crateri Silvestri posti a duemila metri di altezza. Il pullman sale le prime pendici ricoperte di limoni. Gli alberi sono carichi di frutti. Salvatore ci spiega che in queste zone una pianta di limone fruttifica cinque volte in un anno. Capisco così come i limoni si trovino sempre sul mercato. Lasciamo l’abitato di Zafferana Etnea. Ora la vegetazione é composta da castagni e si vede la traccia dell’eruzione del 1992 che ha minacciato l’abitato. I boschi sono come tagliati da una lingua di roccia scura che é arrivata vicinissima alle case del paese.

Continuiamo a salire per una strada ripida e con tornanti che si susseguono uno dopo l’altro.

Passiamo attraverso vecchie colate che sono ancora ben riconoscibili a distanza di centinaia di anni. Alla fine della strada parte l’ovovia che si dirige verso la cima del vulcano, ma non vi saliamo perché il vento soffia forte ed il freddo é intenso e sessantaduemila lire a persona non sono poche per non vedere nulla e patire solo freddo.

I componenti dell’altro gruppo, che invece sono saliti, ci hanno riferito che l’unica cosa che hanno potuto sentire é stato il calore della lava, non ancora raffreddata, vicino alla bocca del vulcano. Dopo aver fatto un breve giro sui crateri Silvestri che si sono formati sul fianco del vulcano nel diciottesimo secolo, entriamo nel bar che in questa occasione ci serve da vero e proprio rifugio. Ci scaldiamo col fuoco dell’Etna, un liquore di colore rosso e leggermente dolciastro che però lascia in bocca un buon sapore.

Ritorniamo a valle e, giunti all’albergo, pranziamo in un diverso ristorante. Il servizio é sempre a buffet, ma é di qualità inferiore rispetto al ristorante che é a nostra disposizione per la cena. Alle 13,45 partiamo per tempo diretti a Taormina con l’intento di evitare la ressa del pomeriggio.

Infatti siamo praticamente i primi e riusciamo a fare la visita al teatro quasi da soli, anche se, visto che il nostro gruppo é formato da 54 persone, dire che siamo soli sembra un eufemismo. Bastiamo noi per formare code. Per affacciarci alla terrazza panoramica dobbiamo aspettare che i primi abbiano terminato di ammirare la città, purtroppo la giornata non é limpida e dopo poco comincia di nuovo a piovere.

Salvatore ci lascia liberi per quasi tre ore per fare acquisti. Alcuni negozi sono molto belli, ma per la maggior parte si ripetono sempre uguali, con gli stessi oggetti e formano la classica trappola per turisti con merce o di scarso valore o di prezzo eccessivo. Ma si sa in viaggio si compra di tutto: un ricordino bisogna portarlo a casa.

Il tempo a disposizione sembra fin troppo. Ieri a Siracusa avremmo voluto avere tempo per girare lungo le strade della città vecchia, oggi quasi ci annoiamo. Poi, tanto per dimostrare la legge del tutto all’ultimo minuto, c’é chi ci informa che il giardino pubblico é bellissimo ed in un quarto d’ora lo raggiungiamo e lo visitiamo di corsa. Rientriamo in albergo passando sulla vecchia statale che attraversa il paese di Giardini e costeggia il mare per ammirare dal pullman, la stazione in stile liberty di Taormina e l’Isola Bella. Alle 20 tutti a cena: domani si parte di nuovo con i bagagli alle 8,15.

Prosegui

Torna alla pagina iniziale del diario