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Giovedì 17 agosto 2006

Alle otto, caricati i bagagli, partiamo. Paolo si accorge che gli manca il registratore. In un baleno scende dal pullman, ritorna in camera e lo ritrova nascosto in una piega della coperta del letto. Siamo diretti alle miniere di sale di Wieliczka.

Alle nove entriamo nell'ascensore a due piani che in pochi secondi ci porta a sessantaquattro metri nel sottosuolo.
Veniamo affidati ad Adamo (Adam), un simpatico giovanotto con la divisa che portano tutti gli accompagnatori, pila a tracolla, elmetto e codino. Ci guida attraverso i cunicoli scavati nei secoli e rinforzati con tronchi di legno che qui si conserva perfettamente.

I vari settori sono chiusi da porte in legno che si richiudono con una molla.

Visitiamo il subpozzo Conegonda dove sono stati scolpiti dei nanetti, la cappella di Santa Croce, la grotta Spalone che ha subito un incendio, la cappella di Sant'Antonio e

la grotta Janowice con la rappresentazione della leggenda di Kinga, figlia del re ungherese Bela IV che, avendo ricevuto in dote una delle miniere di sale di Marmarosz, vi gettò il suo anello di fidanzamento che miracolosamente fu trasferito a Wieliczka insieme al giacimento di salgemma.

Infatti la regina, dopo essere arrivata in Polonia ordinò di scavare in un luogo da lei ordinato e nel primo blocco di sale i minatori ritrovarono il suo anello di fidanzamento.

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Visitiamo la grotta di Casimiro il grande con un argano in legno.

La sorpresa più affascinante é di trovarsi nella sala in cui é stata ricavata una chiesa, la cappella di Santa Kinga.

Pian piano scendiamo sino al fondo della miniera che si trova ad una profondità di 130 metri.

Visitiamo un museo allestito lungo il percorso turistico. Vi sono spiegate le origini del giacimento ed i metodi di sfruttamento nei secoli.

Ritorniamo all'ascensore e in 45 secondi giungiamo alla superficie. Sono quasi le 12. Nelle gallerie ci sono 14 gradi costanti. La differenza di temperatura con l'esterno si sente, ora splende il sole e ci sono 30 gradi.

Ci spogliamo immediatamente delle giacche e dei golfini che avevamo indossato ed andiamo, di fronte al pozzo, al ristorante Karczma Halit.
Alle 14 si parte, torniamo verso Cracovia e dopo averla attraversata iniziamo il lungo trasferimento di trecento chilometri verso Varsavia percorrendo la statale 7.
Il paesaggio é ondulato. Si alternano campi di grano e segale a quelli di cavoli e di granoturco.
Alle 16,15 sosta tecnica di mezz'ora. Biagio si deve fermare. Il codice della strada gli impone una sosta dopo più di due ore di guida. Dopo mezz'ora si riparte: dobbiamo percorrere ancora 140 chilometri.

Dopo le diciotto, quando distiamo circa 60 chilometri dalla nostra meta un'altra sosta in un'area di servizio dove é parcheggiato a mo' d'insegna un malconcio aereo da combattimento mig.
Incidenti ed interruzioni rallentano la nostra marcia. Un camion, uscito di strada, ha centrato gli alberi che fiancheggiano la carreggiata.

Ora dopo dieci minuti da quando siamo ripartiti, siamo di nuovo fermi. A fianco della strada si trovano dei frutteti: meli, peri e persino peschi.
Poi la strada diventa a due corsie per ogni senso di marcia e riusciamo a procedere più speditamente.
Entriamo in città e raggiungiamo il Radisson hotel alle 20,30 dove siamo stati sette giorni fa. Lasciamo i bagagli nella hall ed andiamo subito a cena mentre Don Dino provvede a ritirare la chiavi delle stanze.
Dopo cena raggiungiamo a piedi il centro per ammirare la città illuminata. Ci fermiamo alcuni minuti in piazza del mercato seduti su una panchina, poi quando ci accorgiamo di aver passato le 23 prendiamo un taxi e ritorniamo in albergo.

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(Foto di Paolo Vaccari)