Martedì 20 luglio 2004 |
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Alle otto la barca si anima e facciamo festa alla colazione preparata da Brunella. Gherardo nonostante la confusione si attarda sdraiato in dinette. Si alza quando gli altri hanno già finito di mangiare. Brunella pietosa riprepara il té apposta per lui. Scendiamo a terra per fare la spesa: pane e frutta fresca. Telefonate a casa e collegamenti in internet ritardano la partenza che é prevista per le dieci. |
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La
giornata si preannuncia calda e senza vento, il tempo é sul bello stabile.
Salpiamo l’ancora e ci dirigiamo a sud costeggiando. Dopo un’ora e mezzo di
navigazione entriamo in una profonda insenatura e ci ancoriamo. Per evitare
che la barca possa girarsi col vento, Francesco ha previsto di mettere due
ormeggi a terra e Brunella si tuffa con la cima in mano, raggiunge la riva e
trovati due fori passanti nella roccia, lega la cima. Mi preparo a tuffarmi e
cerco le mie cose per radunarle e metterle al sicuro. Prima
di iniziare le riprese dell’ancoraggio, mi sono tolto gli occhiali da sole e
li ho appoggiati sulla coperta della barca. Adesso non li trovo più. La
ricerca si fa affannosa e l’ipotesi é che siano caduti in mare. Pochi
minuti prima Francesco ci aveva raccontato di aver incontrato a Paxos un
armatore romano, a bordo di un motoscafo, con un marinaio disposto a tutto.
Per mostrare agli occupanti delle barche vicine la dedizione dell’uomo,
racconta che ha lanciato deliberatamente gli occhiali in acqua ed ha dato un
comando: “Gigi riprendili!” e il marinaio si é tuffato ed é riemerso con gli
occhiali. Ora Michele crede di aver individuato gli occhiali da sole sotto
alla poppa della barca e Francesco non può esimersi dal tuffarsi e tentare il
recupero. Alla terza apnea Piersandro ritrova gli occhiali appoggiati sulla
barca fuori dal pozzetto. Li
ripongo immediatamente col proposito di non usarli più per tutta la crociera:
gli occhiali da vista sono già sufficienti da gestire per un distratto come
me. C’é
molto caldo e pochissimo vento, al sole non si resiste. Ma Mariangela e
Cristiana hanno preso l’impegno di tornare con un’abbronzatura perfetta e lo
mettono in atto come un vero e proprio lavoro. Sono distese sul ponte dal
lato sinistro, che é quello più esposto, immobili senza contrarre un muscolo.
Solo una lucertola potrebbe resistere di più. Betta
e Brunella sono impegnate ad affettare il prosciutto, a tagliare i meloni, i
pomodori e le patate. Nonostante
sia solo da poco passato mezzogiorno l’equipaggio ha una gran fame. Piersandro si preoccupa perché la cabina sua e di Michele é in gran disordine. Tutti si aspettano che comandi a Michele, novello Gigi della situazione, di riordinarla, ma probabilmente più realista, comanda semplicemente: “Tieni la porta chiusa che mi vergogno!”. |
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Alle
quattordici ripartiamo. Vogliamo arrivare presto a Trogir per occupare un
posto in banchina accanto alla città vecchia. Dopo una notte di navigazione,
un’altra in baia e la terza in rada abbiamo voglia di sentirci liberi di
scendere a terra quando più ci piace. La navigazione prosegue sempre a motore. Fallisce miseramente un tentativo di aprire il genoa: lo scarso vento di poppa non riesce a farlo portare. |
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Ad una sfida di burraco ne segue una di briscola e tutta la barca segue attentamente la gara. Mariangela e Cristiana hanno abbandonato il posto in coperta che é infuocato. Si riesce solo a stare nel pozzetto sotto l’ombra del bimini. Arrivati in porto ci ormeggiamo di fianco alla banchina davanti al centro di Trogir. |
Anche
se davanti a noi il molo appare vuoto, ci spiegano che abbiamo occupato
l’ultimo posto disponibile: gli altri erano tutti prenotati. Colleghiamo
la barca con la corrente in banchina e Francesco mette in funzione l’aria condizionata.
Non credevo venissero installati simili impianti su una barca a vela delle
dimensioni della nostra. Terminato
di lavare la coperta, facciamo una meravigliosa doccia ristoratrice in
cabina. Appena arrivati tutti sembravano fremere dal desiderio di sbarcare.
Ora visto il caldo che fa, nessuno sembra voler abbandonare il fresco del
quadrato. Alle diciotto sbarchiamo e ci addentriamo per le strette vie del centro. La pianta romanica dell’abitato é facilmente riconoscibile e altrettanto visibile é l’influenza veneziana nell’architettura dei palazzi. |
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Le
strette viuzze si intersecano perpendicolarmente fra case in pietra. Bella la cattedrale ed il tesoro conservato nella sacrestia in preziosi mobili intarsiati. Saliamo sulla cima del castello del Kamerlengo ed ammiriamo il panorama del canale e dei tetti del paese. |
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Rientrati
in barca, mi accingo a preparare le penne alla wodka, in programma per la
cena. Sbucciato e sminuzzato l’aglio, il fuoco del fornello non si accende.
Francesco interviene anche se riluttante: “Detesto armeggiare attorno al gas”
spiega. Dopo
vari tentativi senza esito, scopre che la valvola di chiusura sotto al
lavello, a forza di venir aperta e chiusa, si era svitata ed impediva
l’uscita del gas. L’individuazione
del guasto provoca un sollievo generale. Passare una giornata ad aspettare
che qualcuno venisse ad aggiustare la valvola non sarebbe stata cosa gradita,
ma nemmeno l’impossibilità di consumare la pasta alla wodka, che tutti già
pregustavano, sarebbe stata gradita. Una breve passeggiata in mezzo ad una marea di persone e poi tutti a letto. Boccaporti chiusi, nessun rumore e aria condizionata accesa: il massimo della libidine. |
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