Martedì 23 luglio 2002

   

Vengo svegliato da uno strano rumore sul ponte. Brunella con uno spazzolino sta ripulendo il ponte dalle briciole che abbiamo lasciato ieri sera. Poco dopo Giorgio dà da mangiare del pane ai pesci e vanifica il paziente lavoro di pulizia.

Il sonno profondo mi ha fatto perdere alcuni episodi della notte. "Chi va là?" ha gridato Andrea svegliato di soprassalto dai passi di Gherardo sul ponte. Forse temeva un abbordaggio dei pirati.

Sono le 9,30 e fa già caldo. Tutte le donne ed il bambino si buttano a nuoto fra una miriade di pesci. Francesco va col canotto ad avvertire la barca che si é ancorata davanti a noi che stiamo per partire e sarà necessario spostarla per poter salpare dato che l'ancora si trova proprio sotto.

Torna a bordo e si prepara ad issare il tender, toglie il motore e lo passa ad Alberto.

"Non vai a recuperare la cima che hai legato a terra col canotto?" gli chiedo.

"No, a nuoto" mi risponde. "Ci vai tu?" "No, Brunella!"

I compiti dell'assistente sono innumerevoli e fra questi é previsto anche il recupero nell'acqua gelata della cima d'ormeggio.

Partiamo ed issiamo la randa.

"Apriamo anche il fiocco?" chiedo al comandante

"No, mettiamo il gennaker". Francesco, aiutato da Alberto, issa a prua una specie di salsicciotto che opportunamente manovrato si arrotola e libera la vela.

L'accelerazione che imprime alla barca é immediata, filiamo veloci spinti da una magnifica vela bianca ed azzurra che si gonfia a prua.

Ma la festa dura poco. Dopo dieci minuti il vento gira e cala. Il gennaker comincia a sbattere e siamo costretti ad ammainarlo.

"In barca il vento o é troppo o troppo poco. Non va mai bene." dice Alberto. "E' la metafora della vita!" sentenzia Andrea che si é messo al collo due macchine fotografiche con un cinturino giallo che si intona perfettamente al cappellino che indossa.

Scatta fotografie di continuo e, se un altro lo inquadra, alza la macchina fotografica e scatta a sua volta come se si trattasse di un duello.

"Perché hai due motografiche" gli chiede Giorgio, suscitando l'ilarità generale.

Poi, per intrattenere il pupo, Silvia e Gherardo danno vita ad un piccolo coro cantando le canzoni figurate degli scout.

Il vento riprende a soffiare e Francesco ordina di issare nuovamente il gennaker. La barca riprende a filare quasi a sette nodi sopra un mare liscio.

Poi per la legge che niente di bello dura più di pochi minuti, il vento diventa troppo forte e dobbiamo ammainare nuovamente la vela ma ormai siamo giunti all'Isola di Paxos e dopo poco entriamo nel porto di Longòs.

Si tratta di un porto naturale in un canale a forma di "U" che si trova fra l'isola di Paxos e due isolotti. Per rendere praticabile l'approdo é stato sufficiente fare la banchina e due piccoli moli in massi per l'ingresso.

Buttiamo l'ancora, portiamo la poppa in banchina e mettiamo a mare il tender. Francesco ci porta in due diverse ondate in una piccola baia per un bagno splendido. L'acqua é cristallina. Il fondo é sassoso ma le pietre sono così levigate da non dare nessun fastidio quando le calpestiamo.

Alle 16, dopo due trasbordi per il ritorno, pranziamo con maccheroni conditi col ragù dell'Anna e i pomodori in insalata comperati ad Otranto dal banchetto di un ortolano.

Al nostro fianco si ormeggia una barca. L'equipaggio non é molto affiatato e la manovra preoccupa Francesco che scende per mangiare solo dopo che é terminata. Il timoniere litiga prima con l'uomo all'ancora, poi per poco non trascina in mare il malcapitato che ha agguantato la cima lanciata per l'ormeggio. Quindi con un poco di fortuna tutto termina senza danni e possiamo finire di pranzare. Il sole é cocente, non ci si può esporre ai suoi raggi se non per pochi minuti. Gherardo ed Alberto sono paonazzi. Si riempiono di creme idratanti per lenire un poco le bruciature.

Brunella lava i piatti e riordina, il capitano dorme e cerca di ristabilirsi: ha mal di gola e la voce roca. Probabilmente i bagni per liberare l'ancora e gli spruzzi sotto il forte vento lo hanno raffreddato. Per tutta la mattina é rimasto imbronciato e taciturno. Si vede che non é abituato a sentirsi male.

L'approdo si sta riempendo. Ad ogni rumore di catena che scende l'assistente sobbalza e si precipita all'esterno:

"E' sempre bene controllare" si giustifica al rientro sotto coperta.

Ognuno si é sdraiato in cuccetta ed anch'io decido di riposarmi un poco. Non posso. La Betta si é messa di traverso ed occupa tutta lo spazio. Pazienza mi sbrigherò prima un'altra volta.

Tutti dormono mentre Brunella infaticabile riordina la barca. Lava i piatti e con una scopa raccoglie tutte le briciole. Ho deciso: nella prossima vita faccio lo skipper e la sposo!

Alle cinque il sole é ancora alto ed in barca fa un gran caldo. Decidiamo di raggiungere di nuovo la baia dove abbiamo fatto il bagno per tuffarci una seconda volta.

Saliamo in otto sul tender. A bordo rimangono Andrea e Francesco. Sembriamo un trasporto di clandestini. Il canotto é al limite dell'affondamento. Al nostro arrivo le persone che sono sulla spiaggia ci guardano e ci contano man mano che scendiamo: "C'é anche il cane!" esclamo facendo il gesto di prendere un animale virtuale dal fondo del canotto.

Al rientro ci dividiamo in due gruppi e, per non dover prendere di prua le onde che nel frattempo il vento ha alzato, giriamo attorno all'isola nel senso opposto, così passiamo nel porto davanti al paese. Le case sono ad uno o a due piani dipinte di vari colori che risaltano per la luce del sole al tramonto.

Anche il secondo gruppo rientra e ci prepariamo per una passeggiata e per andare a cena.

Il paese é molto grazioso anche visto da terra ed é pieno di negozi e locali.

Scegliamo un ristorante che si trova in una piazzetta stracolma di tavoli di vari locali. Solo uno ha quasi tutti i tavoli occupati ed i piatti che vediamo servire agli avventori danno l'impressione di buono. Non ci sbagliamo. Risultano ottimi: il fritto di calamari, il pollo arrosto, la feta coi pomodori, l'agnello arrosto ed il pesce spada alla griglia.

Sotto i tavoli girano dei piccoli gatti scheletrici. Uno zoppica e sanguina. Giorgio guardandolo dice alla madre che il gatto "ha l'orocchio focato!", nel tentativo di spiegarle che qualcuno deve avergli bruciato l'orecchio.

Dopo il ritorno in barca mi butto in cuccetta mentre Andrea e Betta danno inizio ad un'interminabile sfida a colpi di sbarazzino e briscola.

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