Sabato 28 aprile 2001

Ritiriamo il buono che il portiere ci porge per la colazione. Lo prendiamo più per fargli piacere che convinti della sua utilità. Nel secondo albergo nessuno ci rivolge la parola se non per dirci che cosa non dobbiamo fare.

Questa mattina un cameriere vedendo che mi muovevo in direzione della porta della cucina mi si é parato subito di fronte per ingiungermi: "No se puede entrar!"

Il programma della giornata prevede la visita al colle di Montjuïc che sovrasta il porto e protegge dal vento del mare parte della città. Abbiamo deciso di servirci di un impianto di funivia che é stato costruito in occasione delle olimpiadi col contributo dell'europa. Sono stati realizzati due tralicci Il primo a Barcelloneta, il secondo al centro del porto e la stazione di arrivo sulla collina di Montjuïc.

Arriviamo puntuali sotto il primo traliccio. Il cartello esposto davanti alla biglietteria chiusa riporta l'indicazione dell'orario della prima corsa: 10,45. Assieme a noi una decina di persone aspettano. Passa un quarto d'ora senza che nulla accada. Quindi vediamo un uomo in tuta scendere pian piano le rampe delle scale, arriva a terra e ci comunica che nel pilone manca la luce e la funivia non parte da lì ma solamente dal pilone centrale.

Ci riprendiamo dalla delusione e studiamo un altro modo per raggiungere la meta. Ritorniamo sui nostri passi, prendiamo la metropolitana diretti alla stazione di Paral-lel dove parte una funicolare che sale sul colle. Si sono aggregate a noi tre ragazze di Chieti che soggiornano nel nostro albergo. Ci sembrano un po' spaesate, la Silvia si mette a capo del gruppo ed inizia a condurle. Usciti dalla funicolare. Cerchiamo i luoghi più interessanti da visitare. Decidiamo di dirigerci al Palau National. Ne vediamo le cupole e ci inoltriamo lungo i viali. Si mescola a noi una scolaresca francese che ci ha raggiunto. Marciamo a ranghi serrati anche perché per dei lavori in corso il marciapiede non é percorribile, lo spazio per camminare é stretto e rischiamo di essere travolti dalle auto e dai pullman che ci rasentano. Non vediamo l'ora di lasciare quella strada pericolosa ed alla prima scala che sembra portarci al palazzo l'abbandoniamo. Voltiamo nuovamente a sinistra, siamo di fianco del palazzo e cerchiamo l'ingresso. Dopo avere percorso alcune decine di metri capiamo di aver sbagliato.

A fianco del viale che stiamo percorrendo vi sono solamente cancellate chiuse. Rimaniamo attratti da un giardino magnifico sulla sinistra della strada dalla parte opposta del palazzo: sembra deserto ed é chiuso da un'alta cancellata.

Un signore passeggia solitario nei vialetti. Andrea chiede come fare ad entrare. L'ingresso é dalla parte opposta: bisogna proseguire, prendere a sinistra una scala mobile e continuare sempre girando a sinistra.

Raggiungiamo, seguendo le indicazioni il viale principale della collina dove si affacciano gli stadi olimpici.

Entriamo a visitare quello dell'atletica. Al centro dell'anello per le corse c'é un campo di fotball americano ed la squadra locale si sta allenando.

Proseguiamo la ricerca dell'entrata dei jardins J. Maragall e finalmente la scopriamo. E' posta alla fine di un vialetto nascosto e funge anche da uscita. Risultano pochi così i visitatori. Il giardino é molto bello e curato.

L'unico piacevole rumore che si ascolta é quello provocato dall'acqua delle fontane. Una guardia controlla attentamente chi entra e chi esce.

Davanti allo stadio abbiamo perso le ragazze di Chieti che ci hanno distanziato. Forse visti i risultati delle prime ricerche non hanno avuto fiducia nelle nostre doti. Oppure erano loro a portare un poco di scalogna? Quando le abbiamo raccolte era un'ora che aspettavamo invano la funivia, alla stazione della metropolitana hanno fatto una confusione solenne con i biglietti, una entrava in una porta infilando il biglietto nell'altra, ora Andrea non trova più il biglietto per il ritorno. Non abbiamo visto niente di interessante finché non le abbiamo perse.

Percorriamo nuovamente la strada con i lavori in corso, proseguiamo diritto evitando di prendere la scalinata a sinistra e ci troviamo davanti all'ingresso del Palau National. Sotto di noi e davanti all'ingresso c'é il quartiere fieristico. Il complesso é stato costruito in occasione della esposizione internazionale del 1929. In questi giorni si sta svolgendo un’importante manifestazione del settore dell'arredamento e gli spazi fra i capannoni brulicano di persone. Entriamo nell'ingresso maestoso del palazzo, ai lati gli ingressi dei musei, in fondo il salone ovale. Si tratta di un'arena circondata da gradinate ed un colonnato di cui non si capisce l'utilità iniziale, a destra chiude il salone un grande organo ligneo, dalla parte opposta sono state aggiunte altre gradinate sino al pavimento. Oggi vengono organizzati concerti, balli e la sala viene anche noleggiata. Tentiamo di prendere posto al ristorante che é situato nel salone di fronte all'ingresso. Tutti i tavoli sono prenotati, ci offrono solamente dei miseri bocadillios (panini) da acquistare e consumare altrove. Per dispetto resistiamo alla fame ed usciamo. Sono le quattordici. Non abbiamo visto altri posti ove rifocillarci e cominciamo a temere di dover rimanere digiuni.

Torniamo alla stazione della funicolare diretti al castello. A fianco della stazione si trova un bar con dei tavolini sul marciapiede, in mezzo al traffico. La maggior parte degli avventori ha davanti a sé delle pizzette consumate solo in parte, ma nessuno sta mangiando. Devono essere proprio cattive queste pizzettine catalane!

Subito dopo il bar parte una teleferica che porta prima al Mirador de l'Alcade e poi al Castello. Arriviamo al termine della corsa e scendiamo. Veniamo abbordati da due persone che si trovano al di là di una grata di una finestra del castello.

A prima vista sembra un bar. I due ci invitano a passare sul fianco della costruzione ed entrare nel museo delle armi.

Per essere più convincenti ci danno quattro biglietti di ingresso al cortile. Siamo scettici ma ormai questa é l'ultima possibilità di mettere qualche cosa sotto i denti e ci rassegniamo. Ma siamo fortunati: ci troviamo di fronte ad un self service con cucina locale e la Betta può finalmente assaggiare le tortillas. In quattro mangiamo bene ed abbondantemente con la stessa cifra che ieri ci ha consentito di prendere quatto panini.

Dalla cima del forte si domina il porto ed il piazzale della movimentazione dei containers è enorme. Veicoli simili a ragni li agganciano e li smistano.

Risaliamo sulla teleferica per scendere. Andrea soffre di vertigini e solo il pensiero di dover fare una lunga passeggiata lo ha convinto. Ora è un po’ teso e si aggrappa con forza al piantone centrale.

Gli chiedo: "Ti piace?" Mi risponde "Te lo dico quando saremo arrivati in fondo!"

Rientriamo nei cunicoli della metropolitana e rispuntiamo alla stazione di Passeig de Gracia. Percorriamo i viali e ci fermiamo ad ammirare le facciate della casa Battillò, della casa Amattler e della casa Lleò Moreirache una accanto all’altra.

Andrea ci porta alla gelateria della catena americana Häagen-Dazs. Le misure delle coppe variano.

Partendo dalla più piccola, che contiene una palla di gelato e di conseguenza un solo gusto, si passa alle misure successive aggiungendo man mano una palla e la possibilità di scegliere più di un gusto.

Di conseguenza la seconda è il doppio della prima, la terza il triplo della prima e così di seguito. Ognuno prende un gelato ad una palla, Andrea due di cioccolato, ma gli sembra piccolo e gli resta un poco di voglia.

Passiamo, dopo una nuova sosta in libreria ed un nuovo libro, davanti alla casa Mira detta La Pedrera progettata da Gaudì.

Rientro in albergo, breve riposo e poi alle 20,30 passeggiamo lungo il porto sino al ponte in ferro e legno

che porta nel nuovo centro commerciale Maremagnum, costruito nel centro della darsena. C’è di tutto: negozi, sale giochi, ristoranti e discoteche. Betta scarta uno dopo l’altro tutti i ristoranti che le proponiamo. Vuole mangiare le tapas e bere la sangrilla.

Il locale che alla fine sceglie somiglia più ad un bar che ad un ristorante ed ha i tavoli sistemati in uno dei corridoi interni del complesso. Riusciamo con difficoltà a sederci e, una volta seduti, ci sembra di essere in piazza con la gente che continua a passare a fianco i tavoli.

Abbiamo qualche difficoltà a farci capire dal cameriere nonostante la presenza di Andrea che parla correntemente il castigliano e capisce il catalano.

Ma come lui stesso ha più volte detto sono lingue che a prima vista sembrano facili in quanto un vocabolo che assomiglia ad uno italiano c’è quasi sempre ma il suo significato può essere diverso.

Per Andrea le tapas sono assaggi vari accompagnati da focaccine tonde. Il nostro cameriere ci porta prima un piatto di assaggi di salumi, poi un piatto di assaggi di formaggio, quindi rimaniamo in attesa delle focaccine.

Dopo alcuni minuti richiamiamo il cameriere per chiedere spiegazioni sul completamento del piatto. Per lui le tapas sono assaggi e basta: niente gustose focaccine. Possiamo, volendo, chiedere del pane.

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