Domenica 29 aprile 2001

Ci svegliamo prima del solito per andare a messa. Ci dirigiamo alla chiesa di Santa Maria del Mar che è la più vicina all’albergo, ma è chiusa. Non mi era ancora capitato di trovare una chiesa chiusa domenica mattina alle nove.

Poche sono le persone per le strade quasi deserte. Raggiungiamo la cattedrale. La funzione è appena iniziata.

La visibilità dell’altare all’interno della chiesa, vista la presenza del coro al centro, è limitata. Per ovviale l’inconveniente il parroco si è aiutato con la moderna tecnologia. Sono state installate delle telecamere nella chiesa ed un impianto a circuito chiuso diffonde l’immagine del sacerdote nella parte posteriore della navata centrale con un maxischermo e nelle navate laterali con quattro monitors. La messa in catalano non ci appare facile da seguire.

Nel tornare in albergo notiamo che i vigili hanno bloccato il traffico lungo la via Laietana che è una delle vie principali della città che porta verso il mare. Un assembramento di macchine ferme chiude la via e sembra da lontano un grave incidente. Avvicinandoci ci accorgiamo che stanno facendo delle riprese per uno sceneggiato televisivo.

Chiuse le valige e consegnate al portiere dell’albergo, raggiungiamo a piedi la chiesa di Saint Pau che si trova nel vecchio quartiere cinese.

Ora la popolazione si è mescolata e non si tratta più di un quartiere folcloristico ma solo povero. La chiesa a croce greca con a fianco un suggestivo chiostro è l’unico esempio rimasto di romanico catalano.

Passiamo davanti al palazzo Güell. Dei tre che abbiamo visto, progettati da Gaudì, questo ci piace meno, forse perché è il più austero. Raggiungiamo la Rambla. Oggi è quasi impossibile passeggiare. Ai turisti si sono aggiunti i barcellonesi e la gente si accalca lungo il viale centrale riservato ai pedoni mentre nelle carreggiate laterali i veicoli sono fermi o procedono lentamente e l’aria è resa irrespirabile dagli scarichi.

Cerchiamo di allontanarci prendendo il metrò alla fermata del Liceu, ma è chiusa: la domenica questa stazione chiude!

Ripieghiamo sull’autobus facendo felice nuovamente la Betta che ama vedere dove si sta andando. La linea 14 ci porta alla Ciutadella. Il parco è stato costruito in occasione dell’esposizione universale del 1888 sull’area occupata dalla fortezza spagnola e fra le altre cose vi è la sede del parlamento catalano. Giriamo tutto il parco alla ricerca di un ristorante senza esito. Ci viene consigliato di andare alle sette porte dove siamo stati la prima sera e che si trova accanto al nostro albergo. Sono già passate le 14 e cerchiamo di affrettarci per non perdere la possibilità di pranzare prima che possa chiudere.

Arriviamo e fuori dal locale troviamo una fila di oltre quaranta persone. Il locale è tutto pieno e si deve aspettare. Poniamo più attenzione di quella che abbiamo avuto la sera del nostro arrivo: il locale è aperto dalle tredici all’una di notte e la cucina fa servizio continuato.

Non c’è pericolo di restare senza pranzo, basta solo avere un po’ di pazienza. Capiamo così come il locale possa aver sbaragliato ogni concorrenza nei dintorni. Con un ottimo rapporto fra qualità e prezzo dà un servizio buono e rapido in qualsiasi momento durante l’orario di apertura. Facendo il conto dei posti a sedere nelle varie sale e misurando la frequenza con cui i tavoli si liberano, pensiamo che il locale riesca a servire circa mille pasti al giorno.

Un’ultima passeggiata per le stradine del centro medievale poi nella piazza davanti al municipio ci informiamo del costo del taxi per farci portare con le valige in aeroporto: abbiamo ormai poche migliaia di pesetas e non vorremmo trovarci nell’impossibilità di poter pagare il conto.

Arriviamo in aeroporto e cominciamo ad aspettare l’ora della partenza. Ho sempre avuto delle difficoltà a comprendere la mentalità femminile. Ferma in attesa, una donna difficilmente è capace di restare, trova sempre qualcos’altro da fare. Guardare le vetrine, cercare i francobolli e scrivere le cartoline, decidere come spendere le ultime pesetas rimaste. Al momento della chiamata per l’imbarco ne manca sempre qualcuna.

Se non fosse perché poi nessuno leggerebbe il mio diario, quasi quasi la prossima volta le lascio a casa.

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