Giovedì 24 aprile 2001

Alle tre e quaranta siamo svegli, ma la sveglia non ha ancora suonato. Stiamo per partire per un fine settimana a Barcellona. Mio figlio Gherardo, che ha fatto più tardi e più rumore del solito, ci ha svegliati. Proviamo a riaddormentarci, invano. Alle cinque suona davvero la sveglia.

Non ho mai capito quale sia il livello della propensione al cliente dell'organizzazione aeroportuale: la partenza per il volo é fissata per le 7,40 e dobbiamo essere in aeroporto con almeno un'ora di anticipo. In questi anni tutti i tempi dei trasporti sono diminuiti tranne quelli di attesa.

Andrea, mio genero, é stato a Barcellona nel 1986 in gita scolastica, é tornato nel 1994 in compagnia di amici, poi ancora una volta per lavoro. La città ha destato in lui grande ammirazione e desidera accomunare sua moglie ed i suoi suoceri alla bella sensazione che ha provato. Ecco il motivo per cui ha organizzato questa vacanza.

A Nizza aspettiamo l'imbarco sul nuovo aereo in una sala d'aspetto che assomiglia più ad uno scantinato. Scopriamo che al piano superiore ci sono meravigliosi negozi solo quando ormai é ora di partire di nuovo. Le stoffe provenzali ed i foulards di Hermes non hanno avuto il tempo di attentare al portafoglio.

Le nuvole sono sparite l'aereo dell'Air Litoral segue, per non smentirsi, la costa e possiamo ammirare il panorama.

Riusciamo a ritrovare i bagagli senza difficoltà. Eravamo un poco in apprensione: al checkin abbiamo dovuto imbarcare, per la scarsa capienza dell'aereo, anche quelli che avevamo stabilito dovessero essere i bagagli a mano in cui avevamo riposto le cose di prima necessità. In caso di un loro smarrimento saremmo stati senza riserva.

Prendiamo un taxi ed arriviamo a destinazione o per essere più esatti nei suoi pressi. Il conducente, con la scusa che non può avvicinarsi alla zona pedonale ci scarica in mezzo alla piazza del Palau senza cercare l'albergo perché ha già contrattato una nuova corsa per radio ed ha fretta. Troviamo l'albergo nella direzione opposta a quella che ci aveva indicato. Prudentemente ci siamo mossi senza le valige che abbiamo lasciato, con mia moglie Betta a fare da guardia, dove le aveva scaricate il tassista.

L'Hostel del Mar che non é un ostello, come si potrebbe credere traducendo la parola seguendo l'assonanza con l'italiano, ma una locanda a due stelle si trova evidentemente verso il mare ed in pieno centro ed é molto spartano. Si tratta di una vecchia struttura un poco fatiscente per turisti che non vogliono spendere troppo e si sanno adattare. Le camere hanno il bagno riservato. Prima di partire, vista la classificazione, eravamo preparati al peggio.

Abbiamo portato da casa due asciugamani ed il necessario per una pulizia a fondo del bagno ma non ce ne è stato bisogno.

Ci cambiamo e siamo pronti per iniziare l'avventura della scoperta della città.

E' difficile trovare il giusto modo di vestire perché, pur essendoci il sole, soffia un vento teso e l'aria é frizzante. Dopo una prima uscita all'aperto aggiungo un golfino di lana al mio abbigliamento da turista: pantaloni di tela, camicia sportiva, macchina fotografica a tracolla e gilet tipo pescatore con un gran numero di tasche per contenere rullini, obiettivi e cartine.

Ci dirigiamo verso il centro. Fatti pochi passi visitiamo la chiesa di Santa Maria del Mar, un'austera costruzione in stile gotico catalano. Le navate sono divise da colonne altissime che arrivano quasi al soffitto.

La luce che entra dalle vetrate si diffonde all'interno ed aumenta la sensazione dell'altezza dell'edificio e fa sembrare lo spazio non diviso in navate.

Giungiamo in una piazzetta dietro al Palau Real Major. Al suo interno é allestita una mostra sui cibi sacri ma l'entrata é sulla parte opposta della costruzione come ci informa sorridendo una graziosa ragazza posta a guardia della porta di uscita. Rinunciamo alla mostra e proseguiamo il cammino, passiamo dietro all'abside della Cattedrale ed entriamo nel chiostro che si trova sul suo lato destro. Nel centro del chiostro c’è un lussureggiante giardino con fontane ed oche starnazzanti. La maggior parte della persone che si trovano all'interno sembrano prestare più attenzione a questi animali che al complesso architettonico.

Entriamo all'interno della chiesa. E' più buia della precedente ed é molto più ricca di decorazioni ed opere d'arte. Cominciamo a girare attorno all'altare maggiore lungo l'abside ma la nostra visita appena iniziata deve terminare: "la chiesa chiude", ci avverte un inserviente che ci spinge in avanti, per poi riaprire alle 16.

Usciamo rapidamente sul sagrato proponendoci di ritornare a visitare il monumento l'indomani. Una schiera variopinta di turisti é radunata sui gradini davanti ai quali alcuni mimi stanno producendosi nelle loro performances.

Uno si é travestito da mummia, uno da pirata, uno da Gesù Cristo e, quando qualcuno getta una moneta nel barattolo che ha posto ai suoi piedi, muove la mano che già tiene alzata e fa il cenno di benedire il passante.

Ci consultiamo sul da farsi. Abbiamo già risolto il problema del pranzo mangiando quattro sfilatini ripieni presi lungo la strada ed Andrea propone di visitare il Temple de la Sagrata Familia dove non avremo problemi di chiusura a metà giornata.

Studiamo il percorso e ci addentriamo nei sotterranei della metropolitana, A Barcellona ci sono cinque linee che si intersecano in più punti ed hanno contribuito in modo determinante ad alleggerire il traffico.

Provo la stessa sensazione che ho avuto a Parigi. Il numero delle persone che incontriamo é quadruplicato rispetto a quello della superficie. Una popolazione sterminata corre come in un gigantesco formicaio, si accalca, spinge e si affanna a salire sulle carrozze senza cura di travolgerti.

Il primo impatto con il tempio incompiuto é scioccante: siamo di fronte ad un cantiere con gru gigantesche, ponteggi e operai che stanno costruendo da più di cent'anni un'opera monumentale. Il monumento all'eccentricità di Antoni Gaudì, architetto che ha progettato l'opera e ne ha seguito i primi lavori, é particolare: si tratta di un insieme di stili che partono dal gotico, attraversano il floreale per giungere al moderno.

Dopo averla guardata un po' di tempo, la costruzione affascina: le torri sono imponenti e sovrastano a tal punto da dare l'impressione di poterti crollare addosso da un momento all'altro.

Ci troviamo davanti alla facciata della Natividad e cerchiamo di entrare. La biglietteria si trova dalla parte opposta. Ritengo che la maggior fonte di finanziamento dell'opera che é iniziata nel 1882 sia il gran numero di visitatori che entrano, osservano il cantiere in piena efficienza, scendono nel sotterraneo dove é ubicato il museo, salgono sulle torri a 65 metri di altezza con veloci ascensori e guardano il panorama della città dall'alto.

All'arrivo dell'ascensore si esce subito all'aperto in uno stretto ballatoio che unisce due torri. L'altezza e il trovarsi repentinamente all'aperto danno un senso improvviso di vertigine.

Per terminare l'opera manca parte della volta, la cupola, la facciata di ingresso, il tetto... in due o tre secoli ce la potranno fare! Nel frattempo non dubitiamo che il mondo intero sarà passato a visitare il cantiere lasciando il suo obolo per contribuire alla sua realizzazione.

Di nuovo una corsa in metrò, scendiamo alla fermata di Alfons X e seguendo i cartelli indicatori ci dirigiamo verso parc Güell. Proseguiamo diritto per alcune centinaia di metri poi svoltiamo a sinistra. Ci appare davanti una strada in salita e nel mezzo una serie di scale mobili che portano in cima alla collina: là c'é il parco!

Fatte le prime tre rampe di scale ci accorgiamo che la loro sensazione di continuità sino alla cima era una pura illusione ottica. La salita prosegue senza alcun aiuto se non quello che ci é dato dalle gambe e dai polmoni. Verso la fine le rampe di scale riprendono e per arrivare in cima ne conto cinque.

Andrea, giunto alla sommità della terza si gira indietro verso sua moglie Silvia e dimentico di ogni altra cosa esclama: "Guarda che bel Panorama!". Non si avvede che nel frattempo la scala continua la sua corsa ed il gradino ove ha appoggiato i piedi giunge al punto dove inizia il terreno fermo. Uno sgambetto in corsa non avrebbe potuto provocare un risultato più devastante. Compie una piroetta e stramazza al suolo. Prima di poterci preoccupre, sentiamo un grido che, oltre a giustificarci l'accaduto, ci rassicura sul suo stato di salute: "coglione!"

Dall'alto della collina il panorama é veramente splendido. Si domina tutta la città.

Continuiamo la visita del parco e scopriamo le costruzioni che Gaudì ha progettato: una terrazza pensile su colonne, pergolati per sorreggere i viali, una casa che ora ospita un museo a lui dedicato e che raccoglie oggetti che gli sono appartenuti o che sono stati da lui disegnati.

Pur essendo opere lontane dal nostro gusto hanno un fascino particolare che ci attrae. Per ritornare in centro aspettiamo un autobus della linea 24 che ci riporterà in in Plaça de Catalunya che é l'incrocio delle strade più importanti.

Finalmente mia moglie non é costretta a viaggiare nel sottosuolo e può rendersi conto delle dimensioni della città.

Attraversiamo a piedi il centro e ritorniamo in albergo dopo otto ore sfiniti ma contenti. Vicino al nostro albergo vediamo un ristorante, lo scegliamo più per la vicinanza che per qualsiasi altra ragione: siamo troppo stanchi per camminare ancora. Cerchiamo di prenotare: non accettano prenotazioni.

Ci invitano a venire a tavola al più presto. Vediamo il locale ancora mezzo vuoto, siamo troppo stanchi per domandarci perché non vogliano accontentarci ma ci adeguiamo, anche se di malavoglia. Ci rinfreschiamo e cambiamo in fretta ed arriviamo giusto in tempo per occupare l'ultimo tavolo disponibile. Paella per tutti, un'ottima bottiglia di Gava brut della casa, mousse di cioccolata per Andrea, poi tutti a letto.

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