Mercoledì 9 0ttobre 2002.

Fachinaggio era stato ordinato e fachinaggio deve esserci. Al nostro arrivo non c'era nessun addetto ad aiutarci a trasportare i bagagli e Daniela era visibilmente contrariata. Le istruzioni sono di lasciare per le 8,45 la valige davanti alla porta della camera. Poi il nostro angelo custode si é informato da ciascuno sul loro numero e questa mattina con carta e penna sovrintende allo stivaggio e le spunta una per una man mano che l'autista le mette sul pullman.

"Quante ne mancano?", "Ancora tre" risponde Daniela davanti alla maggior parte di noi che diffidente controlla che le proprie valige siano state caricate. Ma ancora non conosciamo fino in fondo la precisione e l'attaccamento ai suoi compiti della nostra accompagnatrice.

Lasciamo senza rimpianti l'Hotel Club Puerta del Sol di Mijas che dichiara di avere quattro stelle ma che devono essere state concesse molto tempo fa, probabilmente esagerando la descrizione dei servizi resi. L'albergo ha un solo ascensore, niente frigobar nelle stanze, ricezione del un solo canale satellitare della CNN, due minuscole salviette a testa che non sono state cambiate, il servizio di cassaforte in camera é a pagamento (ti danno la chiave se versi 12 euro), nessuna possibilità di passeggiare nei dintorni. Unico lato positivo: le cene a buffet e le colazioni sono ben organizzate con cibo buono ed abbondante.

Oggi abbiamo un nuovo autista: "Buenos dias Eujenio! Que tal?", "Tirando.", "Eh...". Cominciamo ad imparare la lezioncina quotidiana di spagnolo che Daniela prova ad insegnarci.

La visita di Malaga non era prevista. Daniela é riuscita a concordare con l'agenzia dei pullman la possibilità di uno sguardo malaghegno. Abbandoniamo l'autostrada ed effettuiamo un sorvolo a bassa quota nelle strade del centro della città, che ha dato i natali a Picasso, senza fermarci e proseguiamo lungo la costa. Daniela ci indica i cirringhitos. Chioschi che servono da mangiare sulla spiaggia. Uno di questi serviva diverse portate allo stesso prezzo. Il cameriere per la cuenta si basava sul numero dei piatti vuoti che ritirava. Il sistema é stato abbandonato quando hanno scoperto un numero considerevole di stoviglie nascoste sotto la sabbia.

Arriviamo a Nerja alle 11. Ci dirigiamo a piedi verso il centro del paese che é costruito su un promontorio a forma di semicerchio che si protende verso il mare con un'altezza di una trentina di metri, detto il balcone d'Europa.

Il paese si prepara a celebrare una festa che inizia con forti botti e una strana processione aperta da una banda che precede due giganti che simboleggiano i re cristiani seguiti da altre maschere che rappresentano i mori cacciati.

Nella chiesa sono pronte due portantine una con la Madonna che piange il Cristo Morto, l'altra con la statua di un santo che impugna una spada sguainata, probabilmente San Giacomo apostolo, il cui corpo si narra sia stato ritrovato ricoperto di conchiglie (cape sante) in un sepolcro nel 813, nel luogo indicato dall'apparizione di una stella (Santiago de Compostela).

Visitiamo le grotte fuori dal paese. Sono state usate sin dall'epoca preistorica ed abbandonate nel 1500 prima di Cristo. Scoperte nel 1959 da cinque ragazzi penetrati nella grotta attraverso un pertugio in cui avevano notato che si introducevano un gran numero di pipistrelli.

Pranziamo nel locale accanto all'ingresso, secondo Daniela a buffet. Entriamo nel bar e ci disponiamo in fila per passare attraverso l'ingresso nel ristorante e scopriamo che si tratta di un self service. Non siamo preparati. Abbiamo le giacche, le borse, la macchina fotografica e quando aggiungiamo i vassoi ci rendiamo conto di non avere abbastanza mani. Buona la paella, scarsa la disponibilità di bibite alcoliche. Curioso nel viale che porta alle grotte il palo borraco uno strano albero con grosse spine sul tronco tondeggiante e dai grandi fiori lilla a forma di giglio. Interessante, a poche centinaia di metri, un ponte a quattro ordini di arcate dell'acquedotto romano.

Partenza alle 15,30 diretti a Granada. Percorriamo la strada lungo la costa. Passiamo prima Almuñecar, dove prese terra Alverraman che costruì la moschea di Cordova, poi Salubreña. Ci inoltriamo in una stretta valle per salire sull'altopiano e qui il paesaggio si apre scoprendo alte montagne.

Daniela ha ripreso a raccontarci la storia di Isabella e Ferdinando, passa a quella di Giovanna e Filippo, fa un'uscita dalla storia descrivendoci la preparazione della paella. Rientra dalla digressione con la storia di Carlo quinto, continuando il racconto della dinasty spagnola con un mescolarsi di Giovanne, Filippi e Ferdinandi.

Ma alla fine ci interrogherà o avrà pietà di noi?

Granada ha una popolazione di trecentomila abitanti é situata a settecento metri sul livello del mare, su un altopiano. Alle sue spalle si trova la Sierra Nevada con montagne che arrivano a 3400 metri. Conosciuta in tutto il mondo e da tempo meta di turismo, grazie ai "Racconti dell'Alambra", un libro scritto da Wascington Irving nel 1800.

Passiamo attraverso il centro e ci fermiamo un attimo davanti all'hotel Carmen dove ha soggiornato il precedente gruppo per recuperare la valigia di Daniela che lì l'aveva lasciata. Memori dell'isolamento delle serate trascorse ci prende un moto di disappunto: é veramente centrale. Chi lo sa dove ci porteranno ora.

Invece dopo poche centinaia di metri dalla parte opposta del centro ci fermiamo all'hotel Vincci, situato in parte di una grossa costruzione di quindici piani da cui si gode una vista splendida sulla città.

Alle 18,15 appuntamento per una passeggiata a piedi per prendere confidenza con le strade della città e questa sera il programma prevede, per chi l'ha prenotato come extra, la serata gitana.

Si é alzato un vento gelido e grossi nuvoloni si addensano sopra la città mentre la luce del sole al tramonto accende i colori delle case.

Ci addentriamo nelle stradine del centro e passiamo sotto l'Alhambra (la rossa), fortezza araba che domina la città dalla cima di una piccola collina proprio sopra il centro.

Attraversiamo un mercatino arabo, La plaza Nueva su cui si affaccia la chiesa di Santa Ana e il Torrione de la Vela sulla cima del quale sventolano quattro bandiere, quella d'Europa, di Spagna, dell'Andalusia e di Granada.

Giungiamo al piazzale de Isabel la Cattolica con al centro una fontana con le statue della regina e di Cristoforo Colombo.

Entriamo nel corral del carbòn (un caravan serraglio) e di fronte, al di là del calle Reyes, attraversiamo il mercato arabo dell'Alcaiceria dove una volta venivano commerciate le sete. Passiamo a fianco della cattedrale, poi un poco infreddoliti, ognuno si é messo addosso tutto quello che aveva con sé, torniamo in albergo per la cena prevista per le 20,30.

Per il ristorante dell'albergo risultiamo essere troppi. Il pane finisce subito, i camerieri non tolgono i piatti dai tavoli, le vivande a disposizione sono poche. Evidentemente non si può avere insieme una bella camera ed un buon buffet.

Alle 22 puntuali saliamo su due pullmini. Il successo di adesioni al pacchetto extra costringe Daniela a chiamare anche un taxi. Siamo diretti all'Albaicìn, quartiere arabo sull'omonima collina oggi abitato ancora in parte da gitani, che si trova di fronte all'Alambra.

Passeggiamo fra strette strade in mezzo a basse case ornate da ceramiche decorate con disegni geometrici dai colori bianco (purezza), azzurro e verde (islam).

Arriviamo all'appuntamento per l'assaggio della sangrilla, preparata in una casa da una giovane signora e da suo marito. Più che una casa ci sembra un garage. Ci accolgono fra auto ricoperte da tessuti o nascoste da tende e ci servono un'ottima bevanda.

Dal piazzale di S. Nicolas, che é un balcone panoramico, ammiriamo l'Alambra illuminata dai riflettori.

Proseguiamo il cammino ed arriviamo nel locale dove é previsto lo spettacolo di flamenco. Ci ammassano in uno stretto cunicolo scavato nella roccia della montagna. Conto oltre cento persone e altrettante dovrebbero trovarsi nella cantina attigua del locale. In fondo allo stretto budello un piccolo e misero palcoscenico con sette sedie. Salgono tre uomini e tre donne. Cominciamo a cantare una nenia incomprensibile accompagnati da una chitarra e da un batter di mani ritmato che dà corpo alla musica. A turno le ballerine si esibiscono.

Non riusciamo ad afferrare la particolare sensualità della danza che, da come ce l'ha descritta Daniela, potrebbe anche turbarci a tal punto da offenderci. In realtà da parte degli artisti c'é poca partecipazione e sembra che diano poca importanza alla nostra presenza. Abbiamo quasi la sensazione che stiano canzonandoci.

Il secondo gruppo che si esibisce aumenta la partecipazione e il calore della sala aumenta. Ci sembra di cogliere una vena di ironia nello spettacolo che ci coinvolge di più del primo.

All'una di notte un po' addormentati rientriamo nelle stanze trasportati dal pullmini.

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