Giovedì 10 ottobre 2002.

Alle nove siamo tutti pronti, seduti in pullman per la visita all'Alambra. Per poterci arrivare, anche se ci troviamo a poco più di un chilometro in linea d'aria, dobbiamo aggirare tutta la città perché l'accesso per i pullman é dalla parte opposta a quella dove ci troviamo.

Percorriamo la nuova tangenziale costruita in occasione dei campionati mondiali di sci del 1998 che si sono svolti sulla Sierra Nevada, che questa notte si é ammantata di neve.

Fa freddo ed in cielo si addensano ancora nuvole minacciose. Alle 9,30 incontriamo le nostre guide e dobbiamo dividere il gruppo in due perché all'interno dell'Alcàzar, la splendida reggia araba, i gruppi non possono superare le trenta unità.

Le visite sono contingentate e non vengono ammesse più di settemila persone al giorno. Ciò nonostante sembra sempre che vi sia troppa gente.

L'appuntamento per l'ingresso del nostro gruppo é fissato per le 10. Nell'attesa visitiamo il palazzo in stile rinascimentale italico fatto costruire all'interno dell'Alambra da Carlo V nel 1500. Ha pianta quadrata all'esterno e circolare all'interno con un portico a due ordini con colonne doriche in basso e ioniche in alto.

Non é mai stato terminato, né il re lo ha mai visto dopo averne ordinata la costruzione.

Finalmente iniziamo la visita dell'Alcàzar. Il palazzo é rimasto pressoché intatto. Passiamo attraverso il Mexuar (l'antica sala del consiglio). Poi visitiamo il suo patio. Quindi attraverso il Cuarto de Comares, arriviamo al patio de los Arrayanes (dei mirti) a pianta rettangolare con eleganti porticati sui lati corti ed una vasca al centro ove, le facciate si riflettono in un gioco di continuità scenografica. Il palazzo, come tutti quelli arabi, é spoglio all'esterno e decoratissimo all'interno.

Nelle pareti delle sale sono state poste in basso delle ceramiche multicolori, che si potevano facilmente pulire passandovi uno straccio, e sopra delle decorazioni realizzate in gesso con disegni geometrici.

Le figure rappresentate (foglie, frutti, parole arabe) si ripetono secondo schemi diversi e formano un insieme affascinante. Alcuni soffitti sono di legno intarsiato. In origine gli stucchi erano dipinti. In alcuni punti il colore originale é ancora visibile. L'insieme doveva essere nel 1400 di grande effetto. Sul lato nord del patio si trova la sala de los Embajadores dove il sultano riceveva ponendosi di fronte all'ingresso con le spalle alla luce delle finestre per mettere l'interlocutore in una situazione di inferiorità.

Le finestre erano chiuse da vetrate colorate mentre nelle aperture poste al di sopra ci sono ancora delle grate che permettevano il ricambio dell'aria. Dei bracieri riscaldavano l'ambiente che era fresco d'estate e caldo d'inverno.

Sui lati lunghi del patio de los Arrayanes si affacciano più porte. Tutte venivano presidiate da guardie ma solo una dava accesso alla sala de los Mocàrabes da cui si entra del patio de los Leones, circondato da gallerie a stalattiti sorrette da finissime colonne, costruito da Mohammed V nel 1377. Sul patio si affaccia la parte interna della residenza reale riservata al Sultano ed alla sua corte.

Passando attraverso le stanze che Carlo V ha modificato ed abitato, raggiungiamo il giardino di Daraxa con cipressi aranci ed acacie e da qui usciamo.

Il nostro viaggio non prevede la visita dell'Alcazaba, la parte più antica e fortificata dell'Alambra e non riusciamo a dare uno sguardo alla puerta de la Justicia, principale porta di ingresso alla fortezza. Raggiungiamo i nuovi giardini del Generalife (significato: paradiso dell'architetto) di fattura cristiana situati a fianco dell'omonimo palazzo. Una squadra di operai, servendosi di forbici a motore, sta facendo un vero e proprio servizio di barba e capelli alle siepi di cipressi.

Il palazzo del Generalife e il giardino arabo sono chiusi per restauri sino alla fine di ottobre.

Il tempo é bizzarro, piove a tratti e siamo costretti ad aprire e a chiudere gli ombrelli più volte. Raggiungiamo il pullman alle 12 e torniamo in centro per visitare la Capilla Real, gioiello del gotico isabelliano, eretta per volontà di Isabella la cattolica per accogliere le spoglie dei re. L'edificio é diviso al suo interno da una cancellata in ferro di stile plataresco (argento lavorato a filigrana), al di là della quale si trovano le tombe reali: a destra Ferdinando ed Isabella, a sinistra Filippo il bello e Giovanna la pazza. I monumenti hanno alle loro sommità le immagini dei re ritratti sdraiati come se dormissero. Le teste sono appoggiate su cuscini ed ognuna lascia un'impronta diversa. Come direbbe Daniela, "ci sono due scuole di pensiero". Una sostiene che quelle lasciate dai capi delle donne siano più profonde perché i loro cuscini avevano un'imbottitura più morbida, l'altra che il pronunciamento dell'impronta sia dovuto ad una maggiore quantità di intelligenza del personaggio rappresentato. Infatti l'impronta lasciata dal capo di Isabella é massima, quella lasciata dal capo di Filippo é minima.

Molto bella la pala d'altare lignea rinascimentale con una serie di figure a rilievo (retablo) con la raffigurazione di scene della vita ed dei martìri di san Giovanni Battista e di San Giovanni Evangelista. Nella sacrestia sono conservati numerosi dipinti, frutto della collezione di Isabella. Mentre stiamo per ammirarli il tempo a disposizione per la visita scade. Il museo chiude e senza tanti complimenti gli inservienti spengono le luci per farci uscire al più presto, lasciandoci come tanti bambini golosi ai quali viene portata via la caramella che stavano per mettersi in bocca.

Per il pomeriggio Daniela ci propone di fare alcune visite secondo lei interessanti e fuori dai normali circuiti turistici in alternativa al pomeriggio libero. Ci dà appuntamento alla 16,30 dopo il pranzo a base di merluzzo, questa volta fritto.

In molti menù degli alberghi d'Europa viene servito tanto spesso il merluzzo, che comincio a temere che possa diventare una specie a rischio di estinzione!

Come primo piatto ci viene servita una gradevole zuppa di verdura e carne. Chiude il pasto un semifreddo fatto con la più economica bustina di polvere liofilizzata.

In attesa dell'ora dell'appuntamento, io e Betta ci avventuriamo in una esplorazione della base della collina dell'Albaicìn. Tentiamo di arrivare alle mura arabe ma, entrati da la Puerta de Elvira, anziché girare subito a sinistra prendiamo a destra convinti di poter poi risalire. Non troviamo un passaggio. In tutto il quartiere c'é un brulicare di attività edilizia di ristrutturazione delle vecchie case. Veniamo bloccati e sviati nuovamente da un laboriosissimo trasporto di materiale da costruzione attraverso le strette vie in salita. A forza di girare su e giù per scale e viuzze ci veniamo a trovare a pochi passi dalla cattedrale e ne vediamo il tetto al di là dei muri delle basse case. Con difficoltà ritroviamo la strada per uscire dal labirinto e corriamo all'appuntamento.

Il tempo di rinfrescarci pochi minuti ed eccoci di nuovo in pista.

Prima tappa al monastero di San Girolamo Granata. La sua costruzione fu iniziata nel 1406 su terreni donati da Isabella. Oggi parte del monastero é occupata dalle monache Geronimiane. Si può visitare il primo chiostro: al centro un agrumeto, ai lati il refettorio e la sala capitolare. Dal chiostro si accede alla chiesa in stile gotico rinascimentale.

Edificio ad una navata rivestito di sculture (nel transetto sono rappresentati da una parte dei condottieri dall'altra delle donne virtuose). La chiesa fu voluta dalla moglie di Gonzalve de Cordoba, gran capitan, per la loro sepoltura. Dietro l'altare pregevole un altro retablo con sculture a rilievo lignee incorniciate a più livelli da colonne.

Proseguiamo il nostro giro visitando uno dopo l'altro due chiostri dell'Hospital de San Juan de Dios ed a fianco la chiesa barocca con le spoglie del santo. Il sacrestano, invogliato da una buona mancia, accende tutte le luci e la chiesa stracolma di decorazioni in oro ci appare in tutto il suo splendore. Saliamo alcune rampe di scale per raggiungere la cappella posta dietro l'altare, sopra la sacrestia per ammirare il reliquiario in oro ed argento del santo.

Attraverso un'apertura chiusa da due imposte, che vengono aperte una volta al mese il giorno 8, il reliquiario é visibile dalla chiesa, sopra l'altare.

Nella cappella sono contenute le reliquie di 180 santi.

Terminata la visita, lasciamo il gruppo e ci dirigiamo velocemente alla cattedrale. Daniela afferma che non vale la pena vederla ma abbiamo deciso di visitarla. Entriamo da un ingresso controllato da una guardia e da una biglietteria a cui lasciamo 5 euro in due. L'interno imponente e maestoso é spoglio e quasi tutto dipinto di bianco. Risaltano due grandi organi posti a fianco della navata centrale e davanti all'altare, dietro al quale si trovano i soli affreschi della chiesa. Daniela era stata sincera, ma siamo ugualmente contenti di esserci resi conto di come fosse fatto l'interno di un monumento attorno a cui avevamo girato più volte.

Rientriamo trafelati in albergo ed in pullman torniamo in centro per cenare al ristorante Paco Martin. Oltre a noi ci sono solo nove avventori. Brutto segno! Infatti la cena risulta essere molto turistica. Insalata con salsa di gamberi, arrosto con verdure e funghi. Mi salva la mia allergia micologica: la paillard di vitello che mi viene data in alternativa al piatto di carne é tenera e saporita. Innaffia il tutto l'ormai consueto vino rioja.

Alle 22,45 tutti a letto. Domani si parte e dobbiamo svegliarci alle 6,45 per lasciare la valige pronte davanti alla porta della stanza alle 7,30.

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