Venerdì 11 ottobre 2002

Alle 8,15 tutti in pullman partiamo diretti a Cordova. L'altopiano degrada pian piano increspato da lievi colline ricoperte di ulivi. Le piante sono disposte in file regolari ed il terreno é stato sarchiato con un andamento circolare attorno ad ogni albero per facilitare la raccolta dei frutti. Sembra di guardare un immenso tappeto marrone a pois verdi. La luce del sole del mattino allunga le ombre degli alberi che viste assieme ai tronchi sembrano disegnare una grande scacchiera.

Poi gli uliveti finiscono e vediamo solo distese di campi arati.

Sembra che una donna in Andalusia non possa fare a meno di un ventaglio, non solo per servirsene come condizionatore portatile, ma come mezzo di comunicazione erotica e Daniela ce ne svela i segreti.

 

Cordova si trova sul fiume Guadalquivir (guada=fiume al quivir=il grande). Scendiamo dal pullman di fianco al fiume prima del ponte romano e raggiungiamo a piedi la catedral de Cordoba o meglio l'antigua Mezquita, perché la chiesa é stata ricavata nel centro della precedente moschea.

Il risultato é un edificio composito che ha un fascino particolare: mescola la penombra mediterranea di una moschea con tetto basso sostenuto da colonne, con la luce e la tensione verso l'alto di una chiesa gotica.

La rottura della prospettiva del colonnato arabo interrompe l'eleganza della costruzione,

ma se la moschea non fosse stata utilizzata per la costruzione della navata centrale della chiesa, diventandone parte integrante e contrafforte per reggere il peso della volta, sarebbe probabilmente andata perduta perché non più funzionale ad un utilizzo religioso o speculativo. Le offerte dei fedeli o il desiderio di essere seppelliti nel tempio ha portato nel tempo un introito considerevole.

Oggi l'introito é dato dalle migliaia di turisti che ogni giorno entrano a visitare la cattedrale (€ 6,50 per l'ingresso). I restauri hanno riportato alla luce i disegni arabi coperti dalle decorazioni barocche.

 

Il culto mussulmano si svolgeva con direzione nord sud mentre quello cristiano si é insediato perpendicolarmente da ovest ad est. Davanti al tempio il cortile per le abluzioni é stato trasformato in un aranceto e il minareto in una torre campanaria.

Proseguiamo la visita passando attraverso le strette strade del quartiere ebraico che si trova di fronte alla moschea. Visitiamo una piccola sinagoga e i cortili di alcune antiche case, poi ci fermiamo a tavola nella Maison el Tablon. Il vino é offerto dalla casa ma é di qualità scadente. Per primo piatto vengono serviti dei funghi che nessuno sa riconoscere anche perché non hanno molto sapore. Segue un piatto di pesce fritto: sardine, triglie e sogliole. Potrebbero essere buone ma ce le servono ormai fredde.

Per terminare un gelato dell'Algida, che nessuno tenta di propinare come dolce della casa.Il pranzo é allietato dal canto di alcuni ragazzi che dichiarano di essere studenti menestrelli e di cantare di locale in locale per mantenersi agli studi. Terminato il pranzo Daniela ci fornisce il digestivo corroborante gratuito, portandoci a passeggio per le vie del centro. Vediamo il tempio romano di Claudio e Marcello di cui restano in piedi poche colonne in mezzo a costruzioni moderne che le soffocano.

Attraversiamo la piazza de las Tendillas con una magnifica fontana ed il monumento di Gonzalo Fernandez de Cordoba, sepolto a Granada nella chiesa di San Girolamo che abbiamo visitato ieri. Torniamo in pullman e alle 17 partiamo alla volta di Siviglia.

La pianura si allarga sempre più ed i campi arati si alternano ai campi di cotone. Passiamo davanti alla città di Ecija (che si trova sul rio de Genil ed é detta la padella dell'Andalusia) e di Carmona, pueblo blanco posto su un'altura di 400 metri che domina la pianura.

Alle 18,30 arriviamo all'hotel Alcora posto su un rialzo del terreno a dieci minuti d'auto dal centro, imponente e faraonico. Sulla hall si affacciano, come in una galleria, grandi balconate con le stanze. Non manca la fontana centrale e la piscina all'esterno.

Cena con paella traditional e palombo alla piastra, vino rioja per annaffiare il tutto.

Partiamo diretti al Patio Sevillano per assistere allo spettacolo di flamengo. Entriamo in un piccolo teatro, con camerieri che servono le consumazioni e vari ballerini sul palcoscenico (tre uomini, sette donne e tre suonatori). Lo spettacolo suscita fra di noi commenti diversi. C'é chi giudica più partecipato quello dei gitani a Granada, chi invece preferisce quello di questa sera. Si tratta di due cose diverse. Ruspante e meno coreografico il primo, più composto e folcloristico il secondo. "Olé!"

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