Sabato 12 ottobre 2002

Siviglia é la capitale dell'Andalusia e la sua popolazione supera il milione di abitanti. E' attraversata dal fiume Guadalquivir che é sin qui navigabile. Dista 95 chilometri dal mare. Nel sedicesimo secolo é stata importante porto commerciale per gli scambi con le due americhe di cui aveva il monopolio.

Alle nove e trenta, con qualche minuto di ritardo partiamo per la nostra visita. Iniziamo dal parco di Maria Luisa su cui si affacciano i padiglioni della esposizione ispano americana del 1929. Ci fermiamo prima davanti al padiglione in stile mudejar dove é ospitato il museo delle arti e dei costumi popolari e di fronte, in un altro padiglione, si trova il museo archeologico provinciale.

Oggi é festa per la Spagna. E' la ricorrenza di Santa Maria del Pilar. Molte persone stanno correndo lungo i viali del parco ed é in corso una gara podistica. Nuovo giro in pullman e nuova sosta davanti alla plaza de España contornata dai padiglioni del paese ospitante l'esposizione disposti a semicerchio.

Subiamo un attacco dal mondo animale: attraversiamo un campo minato preparato dai cavalli che tirano le carrozzelle, veniamo sottoposti ad un bombardamento da parte dei piccioni che sono appollaiati sui cornicioni dei portici e mitragliati da un nugolo di mosche che non ci abbandonerà per tutta la mattinata.

In tutte e due le soste il tempo lasciato a disposizione é abbastanza lungo. Non riusciamo a capire perché soffermarci tanto in un parco interessante finché vuoi ma non tanto da dedicargli più di un'ora. La colpa é del giorno festivo. Le celebrazioni religiose in cattedrale hanno posticipato l'orario di apertura delle visite turistiche. Alle 11 scendiamo dal pullman in Plaza Santa Cruz accompagnati dalla guida di oggi che si chiama America. Una donna minuta, graziosa che per guidarci si serve di un ventaglio rosso. I gruppi di turisti sono numerosi e facciamo fatica a passare lungo le strette stradine del Barrio de Santa Cruz, il vecchio quartiere ebraico.

Purtroppo il nostro tour non prevede l'ingresso all'Alcàzar, il palazzo reale fortificato che si trova a fianco del quartiere. Nella piazza centrale un gruppo di musicanti e ballerine in costume sta cantando per celebrare il giorno di festa e sembra quasi che lo spettacolo sia fatto apposta per noi. Daniela chiude il gruppo e più volte ci conta per controllare che una pecorella non si sia smarrita.

Per farlo meglio, in un passaggio con un fittone nel mezzo ne chiude una parte appoggiandosi al muro con la schiena e tenendo il paletto con la mano. Forma così una specie di passaggio obbligato in cui ci costringe, come un pastore, a passare per contarci uno per volta senza che nessuno possa girarle alle spalle.

Si dimostra ancora una volta una professionista perfetta: non solo conosce tutto quello che le guida hanno da dirci, ma non si distrae mai e con discrezione ci segue e ci protegge.

In una piazza poco più in là due sposi stanno posando per le fotografie nel giorno delle nozze. Qui ci fermiamo per una sosta.

Troviamo un negozio dove vendono ventagli, le mantillas ed altri ricordi. Sono esposti anche dei rullini di pellicola fotografica. Pur avendone fatta una scorta in Italia ormai la sto esaurendo. Ne ho cercati lungo le strade ma i prezzi sono quasi il doppio di quelli di Bologna. In questo negozio il prezzo é il più conveniente. Mi domando se non sia per dimostrare, come uno specchietto per le allodole, che anche gli altri oggetti, su cui il ricarico é certamente maggiore, sono convenienti. Infatti il gruppo fa numerosi acquisti e contribuisce al sostegno dell'economia locale. Piero mi racconta che regalerà due mantillas alla moglie ed altrettante alla figlia. In verità ne compra solo due ma sostiene che potendole usare ora l'una ora l'altra, ne avranno due ciascuna.

Ci dirigiamo alla cattedrale che é stata costruita sul perimetro occupato dalla moschea, usando gli stessi muri. Al posto del cortile con il lavabo é stato piantato, come a Cordova, un aranceto e al minareto a torre quadrata é stato aggiunto il lanternino ed in cima la statua della fede.

Alta quatto metri e pesante più di una tonnellata é in grado di girare su se stessa al minimo alito di vento. La statua si chiama Giraldillo e da qui deriva il nome di torre della Giralda.

Entriamo nella chiesa gotica a cinque navate con al centro da una parte la Capila Mayor e di fronte il coro. I due manufatti formano una chiesa nella chiesa e sono chiusi da enormi cancellate poste una di fronte all'altra. Nei fianchi del coro realizzato in mogano, sopra a due ingressi in marmo rosso di Lanjaròn intarsiato in stile rinascimentale, si trovano due immensi organi in mogano con 6700 canne. Dietro all'altare maggiore una pala lignea (retablo) con quadri contenenti scene della vita di Cristo, della Vergine e dei santi sivigliani.

Passiamo davanti alla tomba di Cristoforo Colombo, sorretta da quattro statue raffiguranti le antiche province dell'Andalusia: Castiglia, Leon, Navarra e Aragona. Entriamo nella sacrestia in stile rinascimentale che conserva un ostensorio d'argento che raffigura un porticato classico a più piani. Passiamo davanti alla porta principale della chiesa che viene aperta solo in occasioni particolari e a fianco in una cappella ammiriamo due quadri del Murillo: l'apparizione a Sant'Antonio di Cristo bambino e sopra il battesimo di Gesù. Nelle cappelle successive sono contenute altre opere d'arte fra cui la Madonna sul Cuscino e la Madonna del Melograno di Luca e Andrea Della Robbia. Come accade sempre in un viaggio organizzato, ci rimane la sensazione di non avere avuto abbastanza tempo a disposizione per fissare nella memoria le cose viste. Usciamo per raggiungere il pullman. In cattedrale si sta per celebrare un matrimonio molto elegante: le signore invitate sfoggiano acconciature raffinate.

Percorriamo in pullman poche centinaia di metri. Da puerta de Jerez attraversiamo il ponte di San Telmo e scendiamo a Plaza de Cuba. Il restaurante San Marco, dove Daniela ha prenotato il pranzo, si trova al di là del fiume nel barrio de Triana di fronte alla Torre del Oro, la sola rimasta delle due costruzioni che chiudevano nel sedicesimo secolo l'ingresso del porto.

Jacopo saluta la nostra guida dicendo che oltre al piacere di incontrarla é stata per noi una vera riscoperta. America ringrazia e ricambia i saluti divertita.

Il pranzo é buono: potage di verdure, salmone in salsa di funghi, bigné ripieni di cioccolata con panna. Vino rioja della casa.

Rientro in hotel per un breve riposo e alle 16,30 si parte per andare a visitare il santuario della Madonna della Maccarena.

"E se andassimo a vistare l'Alcàzar?" propone Franca, ma Daniela spegne gli entusiasmi suscitati e vanifica i progetti: "L'entrata chiude alle 17".

Partiamo e passiamo davanti ai padiglioni dell'esposizione mondiale del 1992. Il tema della mostra era la tecnologia. Dopo dieci anni non é ancora stata stabilita la destinazione delle costruzioni. Al centro dei palazzi si nota una riproduzione del vettore Arianne. La differenza rispetto all'area occupata dall'esposizione del 1929 é enorme. Lì si trattava di un parco in cui sono stati inseriti dei padiglioni, qui invece vediamo una serie ci costruzioni disomogenee addossate le une alle altre.

Attraversiamo il Guadalquivir passando su uno dei ponti costruiti in occasione dell'ultima esposizione. La costruzione é ardita: i cavi di sostegno della struttura non sono agganciati a due torri poste sulle due rive ma ad un unico trave altissimo posto da una sola parte del ponte Santiago Calatrava detto ponte del Alamiglio. L'aspetto é quello di una enorme arpa.

La Basilica della Maccarena é una chiesa costruita all'epoca del Generalissimo Franco. In epoca romana il terreno dove sorge il quartiere era di proprietà del pretore Macarius. La statua lignea dipinta della Nostra Segnora de la Esperanza é esposta sopra l'altare e si può vedere da vicino passando dietro all'immagine sacra in una stanza dove due specchi riflettono il volto rivolto verso la chiesa. I mantelli ed i vestiti preparati per la statua sono ricchissimi.

Il culto che venera la madonna é molto sentito ed il negozio che vende immagini della santa, santini e candele é sempre pieno.

Purtroppo é anche il posto dove possiamo acquistare i biglietti di ingresso al museo della chiesa dove sono contenuti due ricchissimi e pesantissimi passos che vengono portati in processione durante la settimana santa. Uno con la statua della vergine, l'altro con la raffigurazione di Pilato nell'atto di lavarsi le mani. Tutte le parrocchie portano in processione uno o due passos sino a che tutti assieme giungono alla cattedrale.

L'unica addetta al punto di vendita dà la precedenza ai fedeli che acquistano santini e candele. non ci degna di uno sguardo anche se tutti assieme formiamo una grossa fila. Cerchiamo di agevolare le operazioni delegando per l'acquisto un rappresentante, ma non riusciamo a preparare il denaro contato perché non é esposto il prezzo del biglietto di ingresso al museo. Finalmente uno di noi viene servito. L'addetta strappa un biglietto, ripone accuratamente il blocchetto, va al personal computer alle sue spalle, batte una serie di tasti per registrare l'incasso, prepara il resto e tenta di servire un altro fedele che é arrivato dopo di noi. Protestiamo vivacemente ma non c'é verso di sveltire le operazioni. Alla richiesta di un biglietto deve seguire la consegna di una candela: non si può fermare il flusso dei fedeli per una banale curiosità da turisti.

Risaliti sul pullman passiamo davanti alle doppie mura arabe che circondavano la città. Il primo muro delle fortificazioni é più basso del secondo. Tutti e due hanno alla loro sommità i merli arabi con la punta a forma di piramide.

Il gruppo é diretto al centro commerciale di Siviglia per una passeggiata davanti alle vetrine dei negozi. Alcuni, nonostante la giornata festiva, sono aperti. In particolare i magazzini della catena "El corte inglés". I fondatori, emigrati in Argentina, hanno iniziato là a produrre degli abiti per i connazionali, definendo il taglio all'inglese. Tornati in Spagna con una grossa fortuna hanno aperto una serie di magazzini di vendita al dettaglio mantenendo il motto che aveva portato loro tanta fortuna.

Decidiamo in otto di visitare la Casa de Pilatos di stile plateresco con rivestimenti mudejar. Nel cortile stanno preparando un raffinato rinfresco. Per un attimo abbiamo immaginato che Daniela volesse riservarci una sorpresa indimenticabile, ma abbiamo scoperto era organizzato dall'Omnitel. A piedi proseguiamo verso il centro e davanti alla chiesa di San Salvador ci ricongiungiamo per caso col gruppo.

Un giro davanti ai negozi, appuntamento dietro al municipio, raggiungiamo il pullman e torniamo in albergo. Dieci minuti per rinfrescarci e alle 20,30 siamo a tavola.

Ordiniamo due bottiglie di vino Rioja. Il cameriere fa cenno di aver capito, scrive l'ordinazione su un biglietto e lo posa sul tavolo. Ambra gli dà uno sguardo e si accorge che ha scritto Coca Cola. Cerchiamo di chiarire l'equivoco e ci portano due bottiglie già stappate di una qualità di vino diversa da quella che abbiamo assaggiato ieri che vorremmo gustare nuovamente. Chiediamo di cambiarle. Le nuove bottiglie si fanno attendere e quando arrivano notiamo che sono anche queste già aperte col tappo appena infilato nel collo della bottiglia. Hanno un che di sospetto e il gusto del vino é diverso da quello di ieri.

Prima ancora di iniziare la seconda bottiglia notiamo che l'etichetta ha diverse macchie provocate dalle gocce versate. Capiamo perché hanno impiegato tanto tempo per servirci: i camerieri hanno riciclato le prime due bottiglie che avevamo rifiutato, versandole nei vetri vuoti delle bottiglie consumate ieri, tanto chi se ne accorge?

L'entusiastica descrizione della città vista di notte fatta da chi non ha seguito lo spettacolo dei ballerini ci incuriosisce e così, nonostante la stanchezza, alle 22 saliamo, unici clienti, sul transfert dell'albergo diretto al centro.

Sbarco in calle de Palos de la Frontera dietro all'università. Aggiriamo il lussuosissimo hotel Alfonso XIII ed arriviamo nuovamente in piazza de Jeres. Di lì conosciamo già la strada per proseguire. Costeggiamo la cattedrale e ci avventuriamo nelle stradine del quartiere ebraico. Numerosi avventori riempiono di chiassosa allegria ristoranti ed enoteche. Poco dopo riusciamo a perderci: non sappiamo più da quale parte girarci. Non troviamo, nonostante abbiamo in mano una piantina che ci sembrava dettagliata, punti di riferimento. Poi fra due case riusciamo a scorgere la luna. Riusciamo ad orientarci e a trovare la via d'uscita. Ormai convinti essere padroni della situazione e di aver capito tutto della toponomastica del luogo ci avventuriamo di nuovo nel mezzo del quartiere e riusciamo a perderci per la seconda volta. Due inglesi un po' alticci, vedendoci con la cartina in mano, chiedono a noi informazioni. Gli mostriamo la carta e cerchiamo a gesti di spiegare loro dove pensiamo di trovarci. Non oso pensare dove li abbiamo mandati a finire!

Poi a forza di girare riconosciamo qualche strada e percorrendola a ritroso riusciamo a tornare all'ingresso della cattedrale dove avevamo visto un parcheggio di taxi con cinque auto. Ora é vuoto. Non facciamo in tempo a preoccuparci che arriva un'auto pubblica con quattro persone a bordo che iniziano ora la loro serata e riusciamo a prendere il loro posto. Per rientrare in albergo mostriamo un biglietto di un blocchetto di appunti col logo dell'albergo a scanso di ogni possibile equivoco di pronuncia. Il vino rioja scambiato per coca, per oggi mi é bastato.

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