Domenica 13 ottobre 2002

Sveglia alle 6,15. Per le 6,45 le valige, secondo gli ordini impartiti, devono essere pronte fuori delle stanze per la raccolta dei facchini. Alle 7,33 tutti in pullman, si parte per Madrid.

Le strade sono deserte, incontriamo solo alcuni ragazzi che stanno terminando la loro serata. Alle 8 raggiungiamo la stazione e dobbiamo attendere sino alle 8,30 per salire sul treno che partirà alle 9. Tanto anticipo é dovuto alle operazioni di imbarco. I bagagli devono essere stivati a parte come in un aereo e l'accesso al binario inizia solo mezz'ora prima della partenza. Il contenuto dei bagagli a mano viene esaminato da una macchina a raggi X e i biglietti controllati prima dell'ingresso.

Sul treno abbiamo undici file di quattro posti riservati. Un unico posto il 7A non é nostro. Simonetta non trovando sedili liberi nel senso di marcia si separa da suo marito Paolo ed occupa il posto a fianco del misterioso intruso che ancora non é arrivato. Le signore favoleggiano un possibile incontro con un affascinante spagnolo. Dopo poco Simonetta raggiunge il marito e appoggiandosi la mano poco sopra il fianco lo rassicura: "Stai tranquillo mi arriva qui!"

La nebbia si alza ed il sole illumina un panorama di leggeri declivi contornato da basse montagne e punteggiato da innumerevoli ulivi.

Durante il viaggio sui monitor del treno viene proiettato il film Kramer contro Kramer doppiato in spagnolo. Riesco a capire a distanza di quasi due anni perché avevo giudicato durante il soggiorno a Barcellona mio genero fin troppo gentile con gli spagnoli. Quando si rivolgeva ad un passante diceva: "Una pregunta por favor". Rivolgere una preghiera per piacere mi sembrava esagerato. Ma la frase tradotta correttamente suona in modo diverso: "una domanda per piacere". Attribuire ai termini catalani un significato derivandolo dalla parola italiana che più assomiglia, spesso può risultare sbagliato. Tanto per fare alcuni esempi colti durante il viaggio: salida significa uscita, aceite olio, subida salita, burro asino, mantequilla burro, manzanilla camomilla, che ho tentato di far bere alla Betta al posto del té.

Dopo 500 chilometri, tre fermate e due ore e mezza scendiamo puntuali dall'AVE (Alta Velocidad Española) ed attendiamo l'apertura del bagagliaio per caricare le valige sui carrelli.

Dopo più di dieci minuti, ancora niente. Il locale posto dietro la motrice rimane irrimediabilmente chiuso. Qualcuno si domanda se abbiano lasciato la chiave a Siviglia.

Cerchiamo di guadagnare l'uscita. I binari sono più bassi del piano stradale e per la salita sono state costruite della rampe mobili disposte come una grande scala. Lo spazio al termine di ogni rampa é troppo breve. O meglio, chi scende non viene costretto a proseguire. Due signore si fermano in attesa di prendere la rampa successiva e impediscono il passaggio dei carrelli. Risultato un tamponamento con polpacci contusi per fortuna senza gravi conseguenze. Nelle rampe successive siamo più accorti e lasciamo fra un carrello e l'altro più spazio.

Raggiungiamo in pullman l'albergo facendo un lungo giro panoramico della città lungo il Manzanarre, fiume che la attraversa ed arriviamo al nostro albergo: il Grand Hotel Colon alle 12,30. Tempo pochi minuti per salire in camera e subito a tavola.

Ancora insalata mista come primo piatto, poi mezzo pollo a testa con patatine. Come bevanda compresa nel pasto ci viene servito un gradevole rosso Valdepeñas. La carne del pollo é troppo bianca, poco cotta e poco saporita. Le patatine prima fritte e poi messe in forno per mantenerle calde, arrivano al nostro tavolo ormai immangiabili. Arance, mele e banane per dessert.

Alle 14,30 partenza per Escorial che dista 45 chilometri da Madrid a mille metri di altitudine ai piedi della Sierra de Guadarrama. Vi si trova el Escorial o Monastero di San Lorenzo, un immenso quadrilatero fatto costruire nel XVI secolo da Filippo II, come città religiosa e come luogo di sepoltura per la dinastia spagnola.

Attorno all'altare della basilica sono costruiti gli appartamenti regali (splendide le porte intarsiate di fattura tedesca e le piastrelle di ceramica lungo i muri) in modo da avere le camere da letto a fianco dell'altare maggiore. Sotto l'altare é situato il panteon dove sono seppelliti i re e le loro madri.

Visitiamo, appena entrati, la sala delle battaglie con un grande affresco che occupa tutta la parete di fronte alle finestre, raffigurante la battaglia di Higueruela (1431) e quella di San Quintino (1557). Passiamo attraverso gli appartamenti del re, scendiamo nel panteon, passiamo attraverso le Salas Capitulares, ammiriamo la collezione dei pittori italiani (ultima cena e fuga in Egitto del Tiziano, Conversione della Maddalena del Tintoretto), entriamo nella basilica a tre navate a pianta quadrata.

Prima di uscire ci fermiamo davanti ad un bellissimo Cristo in croce realizzato in marmo dal Cellini. Rimaniamo stupefatti: una mano pudica ha annodato attorno alla vita del Cristo un cencio per coprire le nudità come se la statua si potesse vergognare. Credevo che la mania ipocrita di far indossare le mutande alle statue fosse finita, inoltre per mettere in evidenza una cosa, basta nasconderla in parte.

L'Escorial appare freddo e distaccato. Sembra fatto per ingraziarsi la vita ultraterrena a tutti costi. Filippo ha ordinato di celebrare sulla sua tomba trentamila messe. "Evidentemente ne aveva bisogno!" commenta Franca.

Jacopo lapidario giudica il monumento agiografico e autocelebrativo.

Ritengo che mostri le contraddizioni e le paure di un re oppresso dalla gotta ed ossessionato dalla paura della morte.

Nonostante il grande traffico dovuto al rientro della domenica sera rientriamo in albergo alle 20 e 20 e dopo dieci minuti siamo attesi per la cena.

Nell'hotel che é diviso in due edifici, uno denominato Europa ed il nostro America, sono arrivati altri gruppi. La sala é piena e i turni per cenare sono rigorosi. Non abbiamo nemmeno il tempo per cambiarci. Ci servono maccheroni al forno conditi con carne e pomodoro. Si tratta di pasta liscia di grano tenero e per i nostri gusti risulta oltremodo scotta. Un arrosto con funghi e patate per secondo, pere cotte per dessert.

Daniela ha dato appuntamento per le 22 a chi vuole fare una passeggiata. Il gruppo risponde quasi compatto. Siamo più di trenta ad aspettare l'autobus della linea 20 alla fermata vicino all'albergo. A Madrid si possono acquistare biglietti prepagati da obliterare ma é anche possibile pagare la corsa in vettura. Si entra dalla parte anteriore della vettura, si annulla il biglietto sotto lo sguardo vigile dell'autista o si paga a lui. Quando il conducente si ferma, apre le porte e si rende conto di dover incassare tanti biglietti, ha un momento di smarrimento e probabilmente prova l'impulso di richiudere e proseguire. Il senso del dovere prevale e con pazienza procede all'incasso di 95 centesimi da ciascuno. Eccitati come bambini, riempiamo tutti i posti della vettura e dopo più di cinque minuti partiamo diretti in centro. Adesso sembriamo un vero circolo ricreativo aziendale in gita. Scendiamo al capolinea che si trova alla puerta del Sol.

Attraverso il calle della posta raggiungiamo plaza Mayor, vasto rettangolo completamente contornato da edifici uniformi, costruito nel 1619 per volontà di Filippo III. Era sede di tutte le manifestazioni pubbliche dell'epoca, comprese le esecuzioni capitali.

La piazza é stata costruita spianando una collinetta. Al di là degli edifici le strade sono più basse e ai lati sotto le costruzioni sono state ricavate capienti e fresche cantine oggi piene di locali tipici. Davanti ad uno di questi il portiere é vestito da bandolero, versione spagnola del nostro brigante.

Proseguendo lungo le strade del centro, passiamo davanti al teatro Real, attraversiamo la Plaza de Oriente davanti al Palacio Real. Percorso il calle de Bailién, raggiungiamo la Plaza de España con un grande giardino, al centro del quale si trovano le statue di Sancio Panza e Don Chisciotte.

Daniela ci ha avvertiti di stare molto attenti ai borseggi. Attorno a noi si aggirano persone sospette, ma il gruppo rimane compatto e nessuno riesce ad afferrare le poche borse che le signore hanno portato con sé.

Anche la polizia veglia su di noi. Una macchina entra nel giardino e ferma uno degli individui attorno a noi, che doveva essere ben conosciuto.

Risaliamo la Gran Via. Siamo ormai stanchi ed é già tardi. Daniela ci ha preannunciato che ritorneremo in metrò. Abbiamo già oltrepassato tre fermate ma di scendere sottoterra non se ne parla. Sembra che la nostra accompagnatrice voglia sfinirci. Domani mattina c'é qualche ora di libertà e probabilmente non vuole che nessuno di noi la disturbi. Come un'ape regina tenta di stancarci affinché desistiamo da qualsiasi attività che non sia il riposo.

Finalmente torniamo alla Puerta del Sol e prendiamo il metrò. Dopo poche fermate cambiamo linea scendendo altre tre rampe di scale mobili. Saliamo su una nuova vettura e una volta scesi percorriamo un interminabile corridoio per risalire alla superficie. Alla mezza raggiungiamo l'albergo e nessuno si attarda nella hall in chiacchiere.

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