Martedì 8 ottobre 2002.

Sveglia alle 6,30 é buio pesto. La colazione é abbondante come la cena a bouffet. Dopo un'ora, quando partiamo é ancora buio. Più che l'inizio di una giornata sembra la continuazione della serata precedente. In Spagna é stata adottata l'ora europea compresa l'ora legale e così adesso, rispetto a quella solare, siamo due ore in anticipo.

Percorriamo la strada che costeggia la costa del sol. Le costruzioni si susseguono senza interruzione: grossi condomini, villaggi di case a schiera, fabbricati addossati gli uni agli altri sino alla spiaggia. Facciamo fatica a vedere il mare. A partire dagli anni 60 questa é diventata una spiaggia alla moda. Avere una casa qui rappresenta un segno di distinzione, non solo per gli spagnoli ma anche per gli arabi che hanno comperato le ville più belle che sono insieme ai campi da golf le sole aree verdi rimaste nella zona.

Passiamo prima davanti a Marbella, poi a San Pedro de Alcàntara.

Il nome Andalusia sembra derivi dall'arabo "al andalus" contrazione di vandalus, col significato di terra dei Visigoti, faceva parte del califfato di Cordova. Oggi la Spagna é composta da 17 comunità autonome e vi si parlano quattro lingue: galiego, basco, castigliano e catalano. L'Andalusia si divide in otto province: Almeria, Malaga, Cadiz, Huelva, Sevilla, Cordoba, Jaen e Granada.

Alle 10 arriviamo a Gibilterra, giunti al parcheggio davanti all'aeroporto scendiamo ed attraversiamo la frontiera a piedi. Controllo dei documenti sia dalla parte spagnola sia dalla parte gibaltaregna. Si tratta dell'unico paese del Commonwealth situato in Europa e ne fa parte sin dal 1700. Franco, quando era al potere, ha tentato di farlo tornare territorio spagnolo ma un referendum a stragrande maggioranza ha lasciato le cose come stanno. Pur facendo parte dell'Europa non ha il regime fiscale dell'IVA e gode di facilitazioni particolari che rendono conveniente operare commercialmente con una ditta con sede a Gibilterra. La regione é autonoma e i compiti di difesa e polizia sono lasciati all'Inghilterra.

L'aeroporto di trova subito dopo la dogana davanti al massiccio montuoso e va da una riva all'altra dell'istmo che collega la montagna alla Spagna. La strada di accesso al paese taglia in due la pista di atterraggio e per permettere il movimento degli aerei il traffico viene bloccato da un impianto semaforico. Saliamo su due pulmini, guidati da autisti locali, adatti a percorrere le strette strade che si inerpicano sulla montagna. Raggiungiamo il punto panoramico dove secondo la tradizione é situata una delle colonne d'Ercole che segnavano il limite del mondo conosciuto dell'antichità.

Il panorama che si gode da questo punto dovrebbe essere magnifico. A noi lo hanno solamente descritto. Le nuvole basse coprivano la visuale e più che a Gibilterra sembrava di stare in val padana. L'unica testimonianza visibile del posto dove ci dicono di essere é quella di un monumento con la rappresentazione da una parte del mondo conosciuto nell'antichità e dall'altra con la raffigurazione moderna del planisfero terreste.

Saliti di nuovo sui pulmini, proseguiamo l'arrampicata della montagna. La strada é a forte pendenza e nella roccia sono ancora infissi gli anelli messi nei secoli passati per facilitare la risalita dei cannoni che venivano trascinati dagli animali.

Il nostro autista, approfittando della presenza di Daniela in qualità di interprete, interrompe l'ascolto del nastro registrato e ci fa anche da guida. Pronuncia alcune frasi, aspetta la traduzione di Daniela e ricomincia. Per interloquire meglio con noi, quando parla, si volta verso l'interno del mezzo aggiungendo un ulteriore brivido al percorso che si snoda sopra alti precipizi.

Siamo diretti alla "cave of St. Michael's", una caverna naturale con formazioni calcaree che é stata trasformata in un teatro per concerti.

L'accostamento é curioso ma il risultato non ci sembra buono. Il grado di umidità all'interno della grotta é molto alto. Non so come possano riuscire a respirare tante persone per tutta la durata di un concerto e come possano ridursi gli strumenti degli orchestrali.

Purtroppo ogni evento per richiamare la curiosità del pubblico deve stupire ed essere unico nel suo genere anche a scapito della qualità. Inoltre la costruzione del palcoscenico ha fatto scempio di una considerevole parte della grotta.

Quando usciamo all'esterno la nebbia é ancora più fitta. Cominciamo a discendere il monte e ci fermiamo ad ammirare stupiti una colonia di macachi che vive libera sul monte.

Viene protetta e curata non solo perché rappresenta un'attrattiva non comune ma anche per quanto dichiarato a suo tempo da Winston Churchill che ci sarebbero stati gli inglesi a Gibilterra sino a quando ci saranno i macachi.

La colonia é abituata alla presenza degli esseri umani. All'arrivo dei turisti gli animali cominciano a giocare e saltare da un pullman all'altro. Alcuni si affacciano al finestrino dell'autista e afferrano il volante in un gioco di imitazione.

La rocca é stata trasformata in una fortezza con una serie interminabile di cunicoli ed ha al suo interno un rifugio antiatomico.

Alle 12 attraversiamo di nuovo la frontiera. Al controllo Betta non riesce a ritrovare il documento di identità e senza non si esce. Rivolta due volte la borsetta e tutte le tasche e, quando stiamo per rassegnarci a passare il resto della giornata nel consolato italiano, il documento rispunta miracolosamente.

La prossima meta é Ronda, una città fortezza a ottocento cinquanta metri di altitudine posta su un pianoro a strapiombo verso ovest.

Il torrente Guadalevìn ha scavato nel tufo una gola profonda separando le due parti della città. Da una parte quella antica ora unita ai quartieri nuovi dal Puente Nuevo costruito nel 1784-88 con pilastri alti novanta metri.

Nel centro della città si trovano il quartiere arabo, il quartiere ebraico e la cattedrale edificata sui resti di una moschea di cui rimane il minareto a pianta quadrata trasformato in campanile.

Dalla parte opposta del ponte si trova la plaza de Toros più prestigiosa ed antica di Spagna (1748) dove vengono organizzate solamente tre corride all'anno. Qui é nata la tauromachia moderna e Pedro Romero ha dettato le sue regole.

Pepe, la guida locale che ci accompagna, parla della corrida con fare estasiato, esprimendo un'emozione pari a quella di un tifoso di calcio. Ci spiega che la sua origine deriva dal desiderio di dimostrare di riuscire a dominare il toro, animale che non aveva in natura nemici in grado di affrontarlo. Il toro da combattimento (toro bravo) viene allevato libero in grandi estensioni terriere incolte. Secondo Pepe combattere nell'arena col toro é una vera e propria arte.

Pranziamo al ristorante Sol y Sombra, poco lontano. Ci servono insalata mista condita con vinaigrette, merluzzo con salsa di funghi e patate al forno. Più fortunata Betta che ha avvertito Daniela di non gradire il pesce. Le viene servita un'ottima bistecca morbida e saporita. Non riusciamo a capire come la scelta per un menù turistico in un paese posto al centro di allevamenti di bovini e lontano dal mare debba essere a base di pesce.

Alle 18,30 ripartiamo per ritornare all'albergo di Mijas. Lungo il tragitto Daniela ci descrive le fasi della corrida mentre prima del pranzo ci ha raccontato parte delle vicende di Ferdinando II di Aragona, Isabella di Castiglia e della loro discendenza. Arrivata al particolare delle banderillas che vengono conficcate nel collo dell'animale e rigirate ben bene per provocare più danni e dolore possibile, viene interrotta da un gruppo di signore convinte animaliste che dichiarano di sentirsi male per la cruda descrizione. Pur sottolineando che si trattava di un racconto tratto da testi classici e senza scomporsi, si interrompe e inizia a parlarci del flamenco: sensuale danza gitana utilizzata dal ballerino per trasmettere le proprie sensazioni ed emozioni. Forma di espressione artistica che utilizza i movimenti del corpo.

Appena partiti da Ronda abbiamo visto terreni incolti e boschi utilizzati per l'allevamento dei tori, poi campi arati fra le montagne e paesi distesi sui declivi delle colline. La luce del tramonto fa risaltare il contrasto fra il marrone della terra, il verde degli ulivi ed il bianco delle case. Scendendo dall'altopiano verso la costa lungo la valle incontriamo grandi coltivazioni di agrumi.

Senza sosta e senza un attimo di interruzione da parte della nostra accompagnatrice, alle 20,30 giungiamo in albergo per una seconda serata di prigionia.

Ceniamo velocemente e quindi cerchiamo di evadere all'isolamento dell'albergo. Betta ha scoperto che alcuni di noi ieri sono riusciti, servendosi dell'autobus, a visitare il paese che si trova a pochi chilometri sopra di noi abbarbicato sul fianco della montagna. Non sta più nella pelle e vuole a tutti i costi andarci anche lei, nonostante sia già tardi e le corse dei mezzi pubblici stiano per terminare.

Chiamiamo un taxi sfidando la pioggia che ha cominciato a cadere pian piano. Le strade sono deserte, le case bianche di susseguono una attaccata all'altra, un numero incredibile di ristoranti semivuoti si affaccia sulle terrazze e sulla piazza c'é un enorme parcheggio sotterraneo. Probabilmente il paese é meta turistica ma ormai siamo fuori stagione lontano dai giorni festivi e pochi sono gli avventori. Riusciamo a trovare senza fatica un taxi per il ritorno e poi a nanna, anche se domani ce la potremo prendere più comoda: si parte alle 9,30.

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