Domenica 28 novembre 2010

L'aereo atterra a Ho Chi Minh city in orario. L'imbarco ed il volo è filato liscio. Ormai il nostro addestramento è completo ed il gruppo può imbarcarsi ormai senza problemi e senza ulteriori raccomandazioni. Siamo arrivati nella città di Van e ne va orgoglioso. Il nome Saigon è rimasto al distretto centrale ma tutti chiamano l'intera città Saigon (sai=mango gon=cotone). Cominciamo le visite dal quartiere cinese. Entriamo nel tempio di Thien Hau, una pagoda buddista, da una porta laterale per poi affacciarci all'ingresso. I fedeli accendono le bacchette di incenso. Un sacerdote suona il gong quando uno si ferma a pregare davanti alla statua del Budda nella sala in fondo alla pagoda. Davanti altri incaricati accendono le spirali e le appendono.

Poco lontano ci fermiamo per visitare il mercato all'ingrosso Binh Tay. Qui non abbiamo la possibilità di fermarci e comprare anche perché dobbiamo restare compatti e seguire la nostra guida che ci porta davanti a gruppi di negozi specializzati per genere di merce. Nell'attesa del pullman acquistiamo l'olio di eucalipto nella farmacia all'angolo di fronte all'ingresso del mercato.

Ci fermiamo per il pranzo al n. 44 di Nguyen Hue al ristorante Boulevard. Raffinate le portate che terminano con spaghetti di soia da condire con un brodo di verdure. La sua cottura finisce in tavola dentro alcuni tegami disposti su fornelli ad alcol. Il sole viene e va e fa molto caldo. Abbiamo scelto di non visitare il museo storico e di sostituire la visita con il War Remnants Museum. Nel cortile aerei, carri armati, cannoni, ed elicotteri americani. All'interno proiettili, bombe, mine e le foto degli orrori della guerra. Ma la tristezza più grande è che la maggior parte delle persone non ricorda nemmeno le ragioni per cui tanti uomini sono morti da ambedue le parti anche se, come in tutte le guerre, le sofferenze più grandi le ha sopportate la popolazione inerme. Appena arrivati comincia a gocciare e prima di poterci riparare sotto la tettoia piove a dirotto. Sono le tre. Van ci aveva dato informazioni contrastanti. Prima aveva detto che a Saigon in questa stagione non piove mai, poi ha aggiunto che al massimo viene un breve temporale a quest'ora.

Tappa successiva al palazzo della riunificazione, residenza del presidente, in posizione centrale. E' stato distrutto nel 1963 e ricostruito nel 1966 su progetto di un architetto laureato in Italia. Visitiamo i saloni di rappresentanza al primo e secondo piano e nei sotterranei il rifugio antiaereo. Nel centro del giardino davanti alla fontana facciamo una foto ricordo di gruppo.

Poco lontano arriviamo alla chiesa cattolica dove sta per iniziare la messa e di fronte entriamo nell'ufficio postale. Gli sportelli si trovano in un grande salone su cui domina un grande ritratto di Ho Chi Minh. Arriviamo al mercato di Ben Thanh dove saremo liberi di scorazzare a nostro piacimento e continuare a sostenere l'economia locale. Stanno cadendo alcune gocce e Van sostiene che si tratta di condensa. Ma poco dopo la condensa si tramuta in un vero e proprio diluvio. Siamo al coperto ma la pioggia è così forte che le gocce cadono anche all'interno del mercato. Alle 18 finalmente arriviamo all'albergo Rex centralissimo. Salgo in stanza al primo piano e mi accorgo che la finestra si affaccia su un cavedio sopra la cucina. Gli infissi sono vetusti e non chiudono. L'odore e il rumore che entra è insopportabile. Chiedo di cambiare stanza e me ne viene proposta una senza finestre. Il terzo tentativo non va meglio perché si tratta di una stanza al secondo piano che si affaccia esattamente dove si affacciava la prima. Al quarto tentativo finalmente ottengo una stanza accettabile. Ceniamo nel ristorante dell'albergo ed il menù è praticamente identico a quello del pranzo di oggi. Siamo ormai stanchi di portate raffinate. Vorremmo meno scena e più sostanza. In compenso il costo di una bottiglietta d'acqua da mezzo litro è arrivato a quattro dollari.


Lunedì 29 novembre 2010

Si parte alle 7. Uscire dalla città è un'impresa e bisogna approfittare delle prime ore del mattino prima che il traffico diventi impossibile. Man mano che passano i minuti il numero delle moto aumenta. In due ore arriviamo a Cu Chi per visitare i tunnels, una vasta rete sotterranea di gallerie. Un uomo in divisa verde ci accompagna attraverso il bosco.

Prima davanti ad una serie di bombe americane, poi sotto ad un pergolato per assistere alla visione di un filmato sulla guerra nel Vietnam. Per ultimo ci fa scendere nei tunnel. Il primo è accessibile a tutti. Per facilitarne l'ingresso è stata scavata una scala e la sua lunghezza è di dieci metri. Esco dal cunicolo madido di sudore. Poco più avanti col nuovo cunicolo raddoppia la lunghezza e diminuisce l'altezza. Quindi il soldato che ci accompagna ci mostra una vera apertura di un cunicolo perfettamente mimetizzata nel sottobosco.

Riprendiamo il pullman per arrivare prima di mezzogiorno a Tai Ninh. Entriamo in un tempio dove viene praticato il Caudaismo, una religione eclettica che fonde in un'unica fede cristianesimo, buddismo, confucianesimo e islamismo. La setta ha qui la sua sede principale.

In un fantasmagorico tempio alle 12 inizia un rito che assomiglia più ad una parata che ad una funzione religiosa. Ad assistere giungono numerosi pullman e le balconate lungo i fianchi della costruzione si riempiono di turisti. Poco lontano pranziamo al ristorante Thu Thao. Pur restando un pranzo tipico vietnamita ha meno portate ed è più sostanzioso. Ripartiamo per tornare a Saigon. Ci fermiamo in una stazione di servizio. Davanti ai bagni la famiglia che gestisce il locale ha una vera e propria fattoria: cani, galline, anatre e la signora si affanna a mostrarci un cubo in plexiglass per invitarci ad introdurvi una banconota. In una gabbia una cagna abbaia e ringhia per proteggere i suoi cuccioli. Ci siamo svegliati con un cielo limpido, poi qualche nuvola. Adesso che sono le 15 piove. Arrivati in città rimaniamo bloccati nel traffico e per arrivare in centro impieghiamo quasi un'ora. Ci fermiamo alla pagoda dell'Imperatore di Giada nascosta in un vicolo. Nel cortile una vasca piena di tartarughe. E' un luogo dove si mescolano statue e pitture di cultura Buddista e Taoista. La divinità dominante è l'Imperatore di Giada che decide tutto quello che accade in cielo ed in terra. Davanti alla statua i fedeli offrono l'olio per la lanterna che un sacerdote versa da una bottiglietta di pepsicola. Dopo averci proibito di fotografare, compie la funzione chiesta da un fedele che accanto all'altare prega. Il pullman si ferma davanti al mercato per sbarcare chi vuole approfittare degli ultimi momenti per fare altre compere e si dirige all'albergo. Ora piove a dirotto e speriamo che smetta perché questa sera la cena è in un ristorante all'aperto poco distante dall'albergo. Al Barbecue Garden non piove ma l'umidità è tale che tutto è bagnato. Le pietanze vengono arrostite direttamente sul tavolo che ha al centro un braciere a gas e la zuppa di pesce che chiude la cena è ottima. Alle 22,30 siamo tutti in camera. Dobbiamo preparare i bagagli per la partenza e richiudere le valige con tutti i ricordini che abbiamo comperato, non sarà facile.


Martedì 30 novembre 2010

Partenza alle 7,45, diretti a Vinh Long sul delta del Mekong che dista da Saigon 120 chilometri. La distanza non sembra tanta, ma considerando il traffico, le strade e la sosta, impieghiamo più di tre ore a percorrerla. Ad attenderci c'è una barca e la signora Nhung che spiega in francese e Maria traduce.

Iniziamo la navigazione ed entriamo in un canale contornato da case. La vegetazione è anche qui lussureggiante. Ci viene offerta della frutta: mandarini, lici, rambutan e piccole banane gustosissime. Incrociamo altre barche. La maggior parte è azionata da motori con l'elica in asse su un lungo supporto a bilanciere fissato sulla barca. Un pattino impedisce all'elica di toccare il fondo. Usciamo dal canale.

Attraversiamo il fiume ed arriviamo al mercato galleggiante. Ogni barca ha a prua una pertica con appeso un campione del prodotto in vendita. Sbarchiamo. In un locale una donna prepara i sottili fogli di riso per avvolgere i cibi. Accanto un uomo stende la pasta da cui ricava le caramelle. Ci offrono un assaggio dei loro prodotti assieme ad un gustoso infuso di gelsomino.

Passeggiamo lungo i viottoli del paese dove passano anche le biciclette e i motorini. Tutti sono impegnati a sbucciare e a snocciolare i frutti del lici. La polpa viene messa su graticci a seccare per essere utilizzata come materia prima per produrre le caramelle.

In un altro fabbricato ci viene mostrato come viene prodotto artigianalmente il riso soffiato: in un cono di metallo che contiene sabbia e viene riscaldato su un fuoco di pula. Quando raggiunge la giusta temperatura viene aggiunto il riso e mescolato. Appena i chicchi sono scoppiati vengono setacciati per separare sabbia e pula. Di fianco due uomini impastano caramello con mais soffiato per poi stenderlo in un contenitore, spianarlo e tagliarlo.

Con un altro breve tragitto in barca arriviamo al ristorante: una tettoia in coppi aperta, di fianco ad una magnifica casa in legno da poco restaurata. Sono ormai le 14 e ci viene servito un buon pasto, più vicino ai nostri gusti di quelli che abbiamo consumato negli ultimi giorni. Piatto forte il pesce con orecchie da elefante arrostito e presentato verticale, appoggiato ad un supporto in legno. La cameriera ce lo serve avvolgendo i pezzi in un foglio di riso con ananas, foglie di menta, e una fetta di cetriolo. Ripartiamo per tornare a Saigon. Facciamo sosta nello stesso posto in cui ci siamo fermati all'andata il Tram Dung Chan Mekong. Adesso non ci sono più tanti pullman e le commesse attendono invano i clienti in piedi di fianco ai banchi. Attraversiamo un quartiere che è tutto allagato. Qui le case sono abusive e non ci sono le fogne. “Ma come fa l'acqua ad andare via?”, chiediamo a Van. “Si assorbe” “ E in quanto tempo si assorbe?” “Non lo so io vado via come voi. Non sto qui ad aspettare!” Il pullman cerca di districarsi nel traffico caotico della città e Maria è preoccupata. Sono passate le 18 e teme di arrivare in ritardo al check-in. La situazione precipita ad un incrocio dove un pullman ha toccato un motorino. Tutto si blocca e da ogni parte arrivano le motorette come formiche impazzite. Restiamo fermi per quasi mezz'ora. Poi l'assistente riesce a dirigere il traffico e a permetterci di passare. Alle 19 arriviamo all'aeroporto, afferriamo le nostre valige ed abbiamo appena il tempo di urlare “Ciao Van!” Un po' di parapiglia alla consegna delle valige perché c'è chi teme di non passare col sovrappeso che ha accumulato e sgomita per aggregarsi a chi è stato più sobrio sia nella preparazione del bagaglio, sia negli acquisti. Maria esce di nuovo per salutare Van e fumare l'ultima sigaretta. Pensa che se ne sia andato, ma invece è lì che le dice: “Ti aspettavo!” Grazie Maria ci hai condotto lungo le tappe di un viaggio difficile, con voce suadente, mostrando sempre un sorriso smagliante. Sei stata tenace, gentile ed attenta. Sei minuta ma ben concentrata! Il nostro augurio è che presto tu possa fare un viaggio senza nessuno da contare! Van ha aggiunto: “Piccola ma dura. Che forte!....”

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Foto di
Giovanni Bertini

e di
Marianna Mazzieri

che ringrazio sentitamente sia per le foto, sia per la grande collaborazione nella preparazione dei miei diari.