Mercoledì 30 dicembre 2009 Anticipiamo la sveglia per preparare i bagagli e alle 8,10 siamo nella hall per controllare che vengano caricati. Pattuglie di incursori hanno raggiunto il pullman per conquistare un buon posto. Chi non si è organizzato per tempo protesta e chiede l'intervento di Valentina che minaccia di far scendere tutti e ridistribuire i posti, ma la minaccia resta vana. Ordina per domani all'autista di non aprire il pullman se non davanti all'ingresso dell'albergo. Il cielo è coperto e pioviggina. Poco prima della partenza comincia a diluviare e quando entriamo nel Museo Nazionale piove ancora. Visitiamo le sale poste al piano terra che contengono ciascuna i reperti provenienti da un singolo sito archeologico. Iniziamo dalle tavolette con la scrittura cuneiforme ritrovate a Mari, poi gli oggetti in bronzo di Hama e Ugarit, quindi gli oggetti ritrovati a Ebla. Quando usciamo alle 10,30 ha smesso di piovere. Ci dirigiamo a sud lungo l'autostrada senza pedaggio ma anche senza cavalcavia per attraversarla o gli svincoli per uscirne. Per raggiungere il sito archeologico di Ebla il pullman svolta a sinistra attraversando la corsia opposta. Ebla è stata trovata per caso da pochi anni. Alcune collinette di terra nascondono i resti della città. Gli scavi sono stati fatti solo in parte ed hanno interessato principalmente il palazzo reale. Ebla significa "la roccia bianca".

Prima di scendere Najib distribuisce dei sacchetti di plastica da infilare sopra le scarpe. Pensiamo che ci troveremo affondati nel fango. Ci accorgiamo che il terreno sabbioso drena bene ed il fango che si è formato per la recente pioggia non è tanto, ma quello che si sarebbe attaccato alle nostre scarpe sarebbe stato sufficiente a ricoprire i tappetini del pullman al nostro rientro. Abbiamo capito che l'idea agevola noi, che non ci troveremo le scarpe infangate, ma agevola soprattutto l'autista, che non troverà l'interno del pullman pieno di terra.

Per proteggere gli scavi parte dei muri del palazzo reale sono stati intonacati effettuando una ricostruzione che da una parte dà una rappresentazione di come dovevano presentarsi un tempo, ma dall'altra ricopre artificiosamente i resti trovati. Greggi di pecore brucano lungo i campi tutt'attorno pochi e radi ciuffi d'erba. Visitiamo il palazzo occidentale,

l'area sacra di Ishtar e la terrazza dei leoni, il palazzo reale degli archivi.

Alle 12 ripartiamo nuovamente diretti a sud.
Durante il viaggio Najid ci informa che i prodotti agricoli più importanti della Siria sono il cotone ed i cereali che vengono esportati. La produzione agricola è privata mentre la commercializzazione è statale. La Siria è autonoma per i prodotti alimentari ed importa tè, caffè, banane e riso. Alla nostra destra in lontananza vediamo la catena montuosa che si innalza davanti al mare. Di fianco alla strada una siepe di conifere la protegge dai venti ed il tronco degli alberi è piegato verso est. Giunti nei pressi di Marret Annoman incontriamo i primi due cavalcavia e ci fermiamo alla sua periferia al Tower Tourism Restaurant. Nella sala ci servono il pranzo, mentre nel piazzale antistante due addetti con una pompa a pressione lavano i pullman. Alle 14 e trenta siamo tutti a bordo ma siamo stati bloccati dai mezzi che sono arrivati dopo di noi. Finalmente uno si degna di spostarsi e partiamo.

Proseguiamo ancora lungo l'autostrada per circa mezz'ora poi giriamo a destra verso ovest in direzione del mare. Vediamo intorno a noi la pianura con campi di grano da poco germogliato sino a quando giungiamo a Afamya che e situata sulle prime colline dove si trova il sito di resti romani dell'antica città di Apamea.

Il pullman ci porta all'ingresso nord del cardo, che iniziamo a percorrere a piedi. Molte delle colonne che lo fiancheggiavano sono state rimesse in piedi. Nella parte iniziale le colonne sono lisce, a metà del percorso hanno le scanalature verticali, alla fine le scanalature diventano elicoidali.

Il sole al tramonto illumina il monumento in modo tale da rendere la nostra visita straordinaria. Najim mi chiama per farmi riprendere un particolare inconsueto. Mi indica un architrave dove sono scolpiti due falli che avrebbero dovuto indicare l'ingresso di un lupanare. Dubito che il pezzo sia originale e penso che sia stato scolpito apposta durante i restauri per costituire una curiosità da mostrare ai turisti così come abbiamo visto in Marocco a Volubilis. Invece i basamenti delle colonne che ci mostra all'ingresso del foro sono veramente unici.

Sulla destra della strada, su un rilevo dove si trovava l'acropoli sorge la cittadella di Qala'at al Mudiq. Apamea fu fondata da Seleuco I, un generale dell'esercito di Alessandro Magno nel terzo secolo A.C. Dopo cinque secoli ebbe un grande sviluppo che la portò ad avere mezzo milione di abitanti. Arriviamo all'incrocio col secondo decumano dove ci aspetta il pullman. Passiamo davanti ai resti del teatro e ci dirigiamo di nuovo a sud per raggiungere Hama che è distante circa sessanta chilometri. Quando arriviamo sono ormai le 18 e possiamo ammirare le norie, enormi ruote di legno a pale che venivano utilizzate per rifornire di acqua gli acquedotti che servivano ad irrigare i campi attorno alla città. Sono illuminate dalla luce artificiale e lo spettacolo è suggestivo anche se le ruote in questa stagione sono tutte ferme. Pioviggina e ripartiamo diretti a Salita, dove arriviamo poco dopo le 20. Al nostro arrivo in città ci meravigliamo non solo di trovare nel centro della cittadina un grande albero di Natale illuminato, ma anche un presepe. Siamo arrivati in un paese cattolico maronita. Il pullman fa fatica a passare nelle strette strade senza abbattere nessuno degli sporti delle case per arrivare al Cham Palace Hotel. La cena alle 21 è peggiore del pranzo di oggi. Mi sfamo mangiando panini spalmati di burro. Per disperazione assaggio anche la girella che ci propinano a fine pasto. Non riesco a capire come i camerieri debbano preparare le sale da pranzo disponendo il maggior numero di posti possibile anche quando non tutti vengono utilizzati. Nell'albergo di Aleppo le sedie erano affiancate le une alle altre così fitte da rendere difficile l'accesso senza fare acrobazie. Qui le seggiole sono più larghe ma in compenso lo spazio fra i tavoli è così angusto da costringere i camerieri a farsi largo a spintoni. Eppure sarebbe bastato disporre diversamente i tavoli. In questo albergo troviamo delle poltrone per sederci dopo la cena a fare due chiacchiere. Dopo poco capiamo perché non c'è nessuno: nelle sale non esiste il riscaldamento e fa un freddo cane. Scappiamo in camera sperando che la pompa di calore che abbiamo messo in funzione al nostro arrivo abbia riscaldato la stanza.

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