Giovedì 29 ottobre 1998.

Sveglia sempre alle 8, colazione e partenza dopo un’ora, siamo diretti alla reggia del Re Sole Luigi XIV a Versailles. Il tempo é ancora incerto, ma le previsioni promettono miglioramenti. Arriviamo a destinazione e sta ancora piovigginando.

La reggia é grandiosa. I palazzi e i giardini formano un insieme splendido armoniosamente integrato.

La reggia é stata progettata seguendo un allineamento est-ovest tale da permettere che il sole due volte all’anno sorga e tramonti esattamente nel centro dell’asse formato dall’ingresso e dai viali del parco.

Visitiamo la fontana di Latona e quella di Apollo che guida il cocchio che sembra uscire dalle acque al mattino e rientrarvi la sera, poi il giardino del re Luigi XVIII, magnifico per le qualità arboree ed i colori.

Mario ha ancora le allucinazioni. Girando per i giardini, parla di "culi e tette" mentre guarda gli alberi e continua a sostenere di non aver bevuto neanche una coppa di champagne!

La prenotazione per la visita del gruppo é stata fissata per le 11,10 e all’ora fissata iniziamo la visita. Se da un lato non abbiamo trovato un tempo splendido, dato il periodo autunnale che abbiamo scelto, dall’altro incontriamo poche persone e non dobbiamo faticare per farci largo fra la folla dei visitatori che in altri periodi dicono sia molto più numerosa.

I saloni si susseguono, uno più bello dell’altro. Ci colpiscono la cappella Palatina ed il salone degli specchi che é posto proprio di fronte al parco e collega l’appartamento del Re con quello della Regina.

Rientriamo a Parigi e pranziamo in albergo. Questa volta la qualità del cibo é passabile: affettati per antipasto, arrosto di vitello e riso con uvette e ananas, poi il dolce con l’immancabile salsina di succo di albicocca. Questa volta ordiniamo una bottiglia di vino di Borgogna.

Ma ciò che ci indispettisce é il trovare nuovamente una bottiglietta d’acqua di non più di trenta centilitri per un tavolo di sei persone e la lentezza con cui ci viene servito il pane. L’Albergo, dandoci degli affettati, non aveva previsto che avremmo consumato subito tutto il pane posto in tavola (un minuscolo pezzetto di baghette a testa).

La Betta trova il modo di brontolare in francese: "Monsieur, n’est pas possible che sur une table pur six personnes il y a un boutteille grand comme ça!" e con le mani fa il gesto della misura delle bottigliette e sottolinea con un’efficace espressione del viso la viva protesta. Miracolosamente si materializza sul tavolo una caraffa di dimensioni normali. "Ah... Ma allora le caraffe le avevano!"

 

Usciamo dall’albergo con il programma di visitare le vetrine dei negozi. Prendiamo il metrò e scendiamo alla metà della via dei Champes Elisée. Il cielo é sereno, la via é molto larga e i marciapiedi, altrettanto larghi, permettono di passeggiare comodamente. Cerchiamo di trovare rue Saint Honoré che imbocchiamo dalla parte opposta rispetto alla Madeleine e dubitiamo di aver sbagliato perché dalla parte in cui l’abbiamo presa i negozi non hanno nulla di speciale, ma passato l’Eliseo, che scopriamo a metà della strada, cambia tutto e la bellezza delle vetrine ha il suo culmine con il negozio di Hermes. Non c’é più tempo per raggiungere i magazzini La Fayette. Giriamo attorno alla Madeline e poi ripreso il metrò torniamo in albergo.

Alle 19 abbiamo appuntamento col resto del gruppo e saliamo di nuovo in pullman.

Le emozioni in negativo per Ornella e Ivan non sono finite: squilla il telefonino, Ivan risponde, sbianca in volto, dà una botta sulla spalla di Mario che gli sta a fianco al di là del corridoio del pullman ed esclama: "C’é la Finanza!".

Uno pensa a tutto, si organizza, ma poi succede sempre qualche cosa che manda all’aria i piani stabiliti ed impedisce di gustare serenamente una vacanza. Per fortuna dopo una serie di concitate telefonate sembra che il controllo che i finanzieri fanno alle 19,30 a Santarcangelo nella ditta dell'amico si risolva positivamente e gli animi pian piano si rasserenano.

Raggiungiamo di nuovo Pigalle, vicino al Mulin Rouge ed a piedi raggiungiamo Montmartre.

Saliamo una lunga scalinata ed alla sommità, davanti alla chiesa del Sacre Coeur, si stende sotto di noi una infinità di luci. Ci addentriamo nelle strade del quartiere. In mezzo alla strada dei pittori propongono di fare un ritratto a pastello che disegnano stando in piedi, reggendo la carta con un supporto rigido.

Attorno alla piazzetta vi sono molti piccoli ristoranti. Piero, il nostro accompagnatore, ha prenotato alla Butte en Veine. Per primo piatto ci viene servita una suope a l’oignon bollente e squisita, per secondo la fondue a la bourghignon. Ahimè con funghi! Chi l’ha assaggiata ne é rimasto entusiasta. Un’ottima crostata di mele ci viene servita per dessert. Il vino di Borgogna fa terminare a buona parte della compagnia la cena cantando.

Anche in questo caso per avere delle altre bottiglie sia di vino sia di acqua fatichiamo non poco. Ne domandiamo più volte ai camerieri che fanno finta di non capire, poi appena mi alzo e protesto col nostro accompagnatore (aveva detto che le bevande erano comprese nel prezzo ed erano a volontà) si precipitano ed ancora prima che io abbia il tempo di ritornare al mio tavolo si materializzano d’incanto le tanto desiderate bottiglie. La serata é allietata da un suonatore di fisarmonica. Piero invita le signore a ballare. Ornella accetta e si esibisce in un valzer mozzafiato fra i tavoli: nonostante la bravura, rischia di cadere ad ogni passo, perché i piedi si impuntano sulla spessa moquette del pavimento.

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