Venerdì 17 marzo 2006

Sveglia alle 7 a dopo trenta minuti, fuori le valige dalle porte. Alle 8,15 appuntamento alla cattedrale per salire in pullman. Ieri sera ci hanno dato il compitino: un questionario da compilare per il passaggio della frontiera. Non ho mai capito come vengano preparati, alcune voci sono inequivocabili ma altre si prestano ad interpretazioni diverse. Quelle che destano la nostra perplessità sono: direction prevista, pais de procedencia, pais de destino. La prima domanda che ci poniamo é: a quale momento dobbiamo riferirci? A quello del passaggio della frontiera, a quello precedente o a quello seguente. Siamo partiti dall'Italia e veniamo dal Messico diretti in Guatemala. Torneremo in Messico, ma anche in Italia. Ognuno cerca di trovare dei suggerimenti, copia del compagno, chiede al professore o sicuro del proprio intuito scrive e non fa copiare gli altri. Quando siamo tutti seduti la maestra Daniela corregge i compiti ed informa della propria scuola di pensiero sulla compilazione delle voci dubbie. Ma il professore Leo la corregge e comunica la propria scuola di pensiero: i pais de procedencia sono tutti quelli che abbiamo attraversato a partire dalla nostra partenza dall'Italia e i pais de destino sono tutti quelli che visiteremo sino al nostro ritorno a casa di cui dobbiamo scrivere anche l'indirizzo. Alla faccia della privacy! Si parte. Arrivano ai telefoni cellulari le chiamate da casa: "Come stai? Qui tutto bene." poi Anna improvvisamente obietta alla nipotina: "Perché oggi non sei andata a scuola?" "Ma zia sono le tre e mezzo del pomeriggio!" Scherzi del fuso. I boschi che fiancheggiano la strada sono prevalentemente formati da conifere simili ai pini. Saliamo sino al passo che supera la corona delle montagne che circondano l'altopiano e cominciamo a scendere. La strada é spesso interrotta da dossi rallentatori in cemento che costringono il nostro mezzo quasi a fermarsi. Arriviamo a Comitan dove é prevista la prima sosta. Ci fermiamo in un'area di servizio della Primex (benzina a 89 ottani 6,33 pesos € 0,52, benzina a 92 ottani 7,77 pesos € 0,61, gasolio 5,36 pesos € 0,425). Ci troviamo a 1500 metri di altitudine. Alle 10,45 ripartiamo e continuiamo a scendere. La vegetazione man mano cambia. Spariscono le conifere e il bosco diventa più rado e basso. Alle 11,50 arriviamo alla frontiera messicana. Daniela e Leo scendono con tutti i passaporti per il disbrigo delle procedure, mentre noi restiamo in pullman. Passata la prima frontiera arriviamo a quella Guatemalteca. Salgono i cambiavaluta e cambiano i dollari (1 dollaro per 7,25 texal). Tutti si esercitano nel fare i conti dei rapporti fra le monete ed alla fine, dopo un lungo conciliabolo stabiliamo che un euro equivale a 8,63 texal. Il pullman che ci ha portato sin qui non può proseguire. Dobbiamo trasferirci in uno locale, che é arrivato e si trova in territorio guatemalteco. Silenziosamente ognuno studia un piano di difesa per non perdere le posizioni sul nuovo pullman e, mentre i facchini fanno il trasbordo delle valige, ognuno si dirige senza perdere tempo al nuovo mezzo per salirci subito. A nulla vale il richiamo dei numerosissimi e variopinti venditori sui lati della strada. Tutto sembra andato bene, ognuno occupa gli stessi posti che occupava nell'altro pullman ma abbiamo fatto i conti senza l'oste. Abbiamo una guida in più e chi era seduto nei primi due posti a destra si trova ad essere sfrattato e non c'é verso di far scalare mezzo pullman di una posizione. Dopo più di quaranta minuti ripartiamo e la mancata occupazione da parte dei passeggeri dei primi due posti si rivela provvidenziale. Fatte poche centinaia di metri, uno di noi scorge un uomo a torso nudo sulla destra, che avanza a piedi nella nostra stessa direzione. Costui si volta, si china, raccoglie qualche cosa sul ciglio della strada e prosegue. Quando stiamo per superarlo, facendo una piroetta su se stesso, lancia un sasso che centra il parabrezza destro mandandolo in frantumi. Il vetro stratificato all'interno esplode con un forte botto, senza far penetrare il sasso e una pioggia di schegge investe l'autista e la guida del Guatemala, Rodolfo (detto Rudy). Il confine che abbiamo appena passato si trova a circa 800 metri di altezza. Dobbiamo superare la sierra e portarci a 3.000 metri per poi discendere sul lago Atitlan che si trova a 1500 metri di altitudine. Entriamo in una stretta gola. Vediamo banani con a fianco piante di caffé. Salendo riappaiono le conifere. Il pranzo é previsto fra un'ora e mezza e non sarà come é scritto sul programma un box lunch. Alle 14,30 arriviamo all'hotel Del Prado nella città di Huehuetenango. Pranzo ottimo con supa di verdure (patate, zucchine porro e coriandolo) e un'ottima bistecca con una pannocchia di mais e legumi. Ananas e cocomero. Poco prima delle 16 si riparte. Il tragitto da percorrere é ancora lungo.

Continuiamo a salire. Vediamo a sinistra una profonda valle e al di là una seconda catena montuosa. All'approssimarsi del passo la vegetazione si fa più rada. Cominciamo a scendere e alle 17,45 arriviamo a San Cristobal Totonicapan dove ci fermiamo davanti ad una stazione di servizio.

Il traffico che ci passa davanti é per noi incredibile. Variopinti autobus si alternano a grossi camion ed autoarticolati, emettendo un fumo acre e suonando a lungo le trombe al loro passaggio. Riusciamo a ripartire solo dopo mezz'ora per l'esiguità dei servizi igienici della stazione di servizio: la fila che formiamo é lunghissima.

Dopo essere ripartiti ricominciamo a salire non siamo ancora giunti al punto più alto della strada. Il pullman, che ha sul groppone molti chilometri oltre a molte primavere, procede lentamente ed avanza quasi a passo d'uomo.

Ora la strada si precipita a valle: in pochi chilometri dobbiamo scendere di 1500 metri. Arrivati a Los Enquantros abbandoniamo la via principale e si dirigiamo verso il lago. La strada passa nel centro del paese di Sololà. Il mercato non é ancora finito e passare é un'impresa, anche perché nessuno si sogna di spostare i banchetti che ingombrano il passaggio. Ancora pochi chilometri a precipizio ed eccoci al lago Atitlàn. L'imbocco della strada che porta al nostro albergo é così stretto da costringere il nostro autista a proseguire, voltare davanti ad una stazione di servizio e risalire per entrare più agevolmente. Dopo 447 chilometri e nove ore e mezzo di viaggio, al netto delle soste, alle 20,30 esausti arriviamo all'albergo. La Riviera de Atitlàn, una costruzione impressionante proprio sul lago é composta di tre torri di quindici piani ciascuna. Tutte le camere sono con vista sul lago. Prese le chiavi della stanza siamo gli ultimi a salire. Arrivati al quattordicesimo piano sentiamo Betta chiamare. Marianna ha bloccato con un piede uno scorpione lungo più di cinque centimetri. Con la pantofola che indossa non riesce a schiacciarlo. Aiutiamo la signora a uccidere il malcapitato insetto. Doveva salire quattordici piani per fare una fine così? La cena sulla veranda é fredda per il vento e puzzolente per i lumi a petrolio che la rischiarano. Il buffet ha poche portate e quelle gustose finiscono in un attimo: riso e purea vanno a ruba. Due passi attorno alla piscina per vedere da lontano l'imbarcadero e poi a letto.

Sabato 18 marzo 2006

Alle nove partiamo dall'imbarcadero dell'hotel: una barca é venuta a prenderci per portarci dall'altra parte del lago a Sant Jago de Atitlàn (ati=acqua tlan=nonno: accqua degli antenati).

La vista é splendida: davanti a noi i tre coni dei vulcani che si rispecchiano nell'acqua. Non si muove un alito di vento, il sole splende in un cielo completamente azzurro ed i suoi raggi scaldano la mattinata che sino a poco prima di imbarcarci era fredda.

Dopo poco più di un'ora sbarchiamo. Ad attenderci un nugolo di ragazzini che chiede di scrivere il nome su un cartone in cui sono infilate delle penne. Capiamo solo dopo che ricopriranno una biro con fili colorati scrivendo il nostro nome per vendercele. Donne vestite con i costumi locali ci offrono con insistenza le loro merci. Cominciamo a salire lungo la strada che porta alla piazza del paese con a fianco la chiesa. Saliamo una ripida scalinata a semicerchio e ci troviamo nel cortile davanti alla facciata di Sant Jago. Assieme al culto religioso la gente venera una divinità detta Maximon, un simulacro che viene affidato ad una famiglia per un anno e lì viene adorato per poi passare ad un'altra l'anno dopo. Secondo Rudy la chiesa cattolica identifica Maximon con Giuda Iscariota e lo considera un traditore.

All'interno della chiesa, sui lati della navata le statue dei santi vestite con costumi di vario colore. Appesi al collo dei foulard di pregio. Ripercorriamo la strada verso l'imbarcadero. Abbiamo quasi due ore di libertà per fare acquisti nei negozietti dove si aprono frenetiche contrattazioni: l'appuntamento per il ritorno é alle 12,15.

Arrivati alla barca riusciamo a salire a stento: un gruppo di donne sta offrendo, attraverso i finestrini aperti, i loro pezzi di stoffa e sino alla partenza continuano a proporre la merce. I marinai consentono ad alcune di salire e le contrattazioni continuano anche durante il viaggio di ritorno. Alle 13,30 siamo di nuovo all'hotel e pranziamo. Per il pomeriggio é prevista la visita di Panajachel che dista meno di tre chilometri dall'albergo. Il pullman si ferma all'inizio del paese e alle 17,45 rientrerà in albergo. Chi vuole potrà restare e tornare con altri mezzi. Anche qui, come in India sfrecciano motorette a tre ruote che caricano i clienti. Percorriamo lentamente la via principale verso il lago. Decine di negozi offrono un variopinto colpo d'occhio. Marianna supera tutti negli acquisti e contratta per tutti noi. Alle cinque e tre quarti avvisiamo Leo che ci fermeremo in città per assistere alla messa.

Ci dirigiamo verso la chiesa che si trova dalla parte opposta del paese rispetto a quella che abbiamo percorso sinora, lungo la stessa strada, verso la parte alta. In meno di dieci minuti raggiungiamo la Parroquia di San Francisco de Asis. Sobria ed elegante la facciata con colonne e statue di pietra. All'interno si sta celebrando un matrimonio e la chiesa é piena di persone, addobbi e palloncini.

Poco dopo gli sposi lasciano l'altare e si portano sulla porta della chiesa, dove ad uno ad uno ricevono parenti ed amici che portano i loro doni. Quindi si fermano davanti al sagrato per le foto di rito. Aspettiamo mezz'ora e alle 18,30 inizia la messa allietata da un gruppo che canta e suona una pianola, una batteria ed un basso. L'insieme della cerimonia é molto sentito e toccante. Alle 19,30 cerchiamo un tuc-tuc per tornare in albergo. Il tragitto, fatto con la motoretta appare molto più lungo di quello che ci é sembrato in pullman. Dopo cena saliamo in camera alle 21,30. Ci aspetta una sveglia anticipata alle 5,45 per lasciare le valige fuori dalle stanze dopo mezz'ora: la partenza é fissata per le 7.

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