24 aprile 1997, giovedì

La colazione non riserva particolari sorprese, il buffet non è molto ricco ma sufficiente, ottima la confettura di ciliege ed il burro. Il caffè è passabile, il tè invece, se non allungato con acqua calda è tanto concentrato da essere imbevibile. Betta scopre il bricco dell'acqua calda solo dopo aver bevuto la prima tazza di concentrato. Manca anche il limone.

Alle 9,30 arriva il pullman. Quando siamo pronti e stiamo per partire, l'Ornella teme che le scarpe che si è messa siano troppo leggere e Ivan ne va a prendere un altro paio in camera.

Carichiamo anche le persone che compongono l'altro gruppo che partecipa al tour dell'Anatolia ed oggi la loro guida Faik ci accompagnerà. Subito un cambio di programma: invece di visitare la moschea prevista torniamo a visitare la moschea di Solimano il magnifico. Il tempo è inclemente, fa molto freddo e tira vento. Ci copriamo con tutto quello che possiamo.

La Bona compra tre sciarpe come souvenir ma soprattutto per usarle subito. All'interno della moschea la guida ci spiega che il Corano prevede per la sua osservanza delle regole che si mescolano con i principi della prevenzione della salute.

La preghiera rituale somiglia ad una ginnastica: i fedeli, dopo essersi inginocchiati, appoggiano le palme delle mani a terra e la fronte sul loro dorso. Questi movimenti vengono effettuati su un tappeto che, per restare pulito, non deve essere calpestato con calzature impolverate. Le scarpe non debbono essere usate all'interno della moschea. Prima della preghiera debbono essere fatte le abluzioni per purificarsi. Per tre volte vengono lavati i piedi, le gambe sino alle ginocchia, le mani, il viso, le orecchie dietro la nuca e la fronte.

Gli uomini e le donne devono pregare separati perché la vista di corpi di sesso diverso non provochi distrazioni durante la preghiera. Nella moschea non esistono figure. Le decorazioni sono solo composte da scritture e da motivi geometrici. La preghiera viene ripetuta cinque volte: all'alba, a mezzogiorno, due ore dopo mezzogiorno, al tramonto e due ore dopo. La religione principale dei turchi è quella mussulmana ma attualmente sono pochi i praticanti. La lettura del Corano, che avviene con una tipica cantilena rituale, viene effettuata in lingua araba incomprensibile per quasi tutti i turchi, così come da noi avveniva quando la messa era celebrata in latino.

L'illuminazione dell'interno della moschea era assicurata da lampadari, che esistono ancora oggi, a cui erano attaccate tante lucerne di vetro in cui venivano accese le candele, oggi sostituite da lampadine. Tante candele accese avrebbero provocato molto fumo che si sarebbe attaccato alle pareti annerendole. L'architetto ha previsto delle aperture, posizionandole secondo i venti prevalenti, per provocare una corrente d'aria che possa spazzare via il fumo prima che si attacchi alle pareti. Sulla apertura di uscita veniva posta una garza, tesa su un telaio, che raccoglieva il "nero fumo" che veniva usato per preparare l'inchiostro.

Nella moschea vi sono due pregevoli pendole che servivano per scandire il tempo esatto della preghiera. I fedeli vengono chiamati alla preghiera dai minareti. Ora per mezzo di altoparlanti. La moschea del Solimano ha quattro minareti: due con due terrazze, due con tre. Quattro minareti e dieci terrazze, questi numeri avevano probabilmente un significato legato a Solimano che era il decimo sultano turco e il quarto da quando la capitale era Istanbul.

 

Ci spostiamo e visitiamo l'ippodromo, o meglio la piazza in cui ne resta l'idea. Un obelisco formato da blocchi di pietra, che in origine era ricoperto di bronzo, segna uno dei punti dove terminava il muro centrale che divideva le due corsie della pista. A fianco si trovano i resti della colonna serpentina in bronzo che si trovava a Delfi e la parte terminale di un obelisco egizio fatto erigere, su un piedistallo di marmo e quattro blocchi di bronzo, da Teodosio.

Gabriele ha comperato un fez che gli sta benissimo e sembra mimetizzarlo nel colore locale, se non fosse per la vistosa tracolla della macchina fotografica. Mario dice che ora, con la testa coperta e di conseguenza più calda, Gabriele ragiona meglio. Daniela risponde: "Allora se è per quello consiglio anche a te di usarlo!"

Proseguiamo la visita entrando nella moschea blu che si trova a fianco della piazza dell'ippodromo.

Il suo vero nome è diverso: è dedicata al sultano Amod, ma è conosciuta dai turisti come la moschea blu per il colore che la luce assume all'interno, riflettendosi sulle 34.000 piastrelle di maiolica situate fra il primo e il terzo ordine di finestre.

Il nome del colore turchese deriva proprio dall'essere particolare di questa zona. Nella moschea non ci si può sedere. Entriamo e Mario esclama: "Senti che rumore fa il vento che passa dalle aperture per far uscire il fumo delle candele!" Infatti...si tratta di un inserviente che, incurante di tutto quello che gli accade intorno, prosegue imperterrito le pulizie. Con un battitappeto elettrico va avanti ed indietro usando un sistema simile alla falciatura di un prato. La moschea è l'unica al mondo che ha sei minareti. Abbiamo tutti in mano un sacchetto di plastica con dentro le nostre scarpe. Siccome si entra da una parte e si esce dall'altra, a differenza dell'altra moschea, dobbiamo portarcele dietro.

Entriamo nel palazzo di Topkapi (porta dei cannoni) che si trova sulla punta del promontorio e domina il passaggio del Bosforo e l'entrata nel golfo del Corno d'oro. Iniziamo la visita attraverso i cortili e raggiungiamo direttamente la parte terminale del palazzo dove è situato il ristorante.

Ci viene servito un discreto pasto, senza bevande alcoliche. Verdure per iniziare, due "volauvent", un piatto di carne arrosto fatto con fette di vari tipi di carne infilzate in uno spiedo e cotte verticalmente e quindi affettate, senza toglierle dallo spiedo. Dolci al miele per finire.

La visita prosegue nell'interno del palazzo dove è custodito il tesoro dei sultani. I brillanti e gli smeraldi si sprecano e sono tanto grandi da parere finti.

I troni e la culla esposti sono d'oro. Nelle sale successive vediamo dei libri miniati, poi entriamo in una parte del palazzo ove un uomo, accovacciato su di un sedile di legno legge o meglio canta i versetti del corano. Ha davanti il corano posto su un leggio e di fonte una stufetta elettrica che lo riscalda. Un microfono diffonde la nenia per tutte le sale. Le pareti sono ricoperte di maioliche bellissime. Proseguiamo ammirando la collezione delle porcellane che è la terza del mondo.

 

Il programma prevede la visita del Gran Bazar. Prima entriamo in un negozio che vende tappeti. E' enorme. Saliamo un piano e ci fanno accomodare in una sala con divani ai lati. Inizia un'esposizione di tutti i tipi di tappeti prodotti in Turchia, che è un vero spettacolo (lana su lana, lana su cotone, cotone su cotone che potrebbe essere scambiata per seta, seta su cotone). La Bona acquista un meraviglioso tappeto di seta di 70 X 100 circa del costo di 3.200.000 lire italiane. Contratta e riesce a spuntare uno sconto di settecentomila lire.

Entriamo nel Gran Bazar e restiamo meravigliati: in un dedalo di portici si affacciano 3200 negozi.

Rientriamo in albergo. Appuntamento per le ore 20 per la cena.

Siamo pronti a partire e minaccia pioggia. L'Ornella decide di prendere l'ombrello e Ivan sale in camera a cercarlo mentre siamo già tutti per strada.

Mangiamo carne arrosto. La prima bottiglia di vino sa di tappo, la successiva per fortuna no. Complessivamente la qualità non è elevata ma almeno non abbiamo la sensazione di essere fregati. Spendiamo circa ventimila lire a testa (16.900.000 lire turche in 12). Alla fine caffè party in camera dell'Ornella poi alle 23 tutti a letto.

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