Lunedì 15 marzo 2004

Sveglia alle 3,15 di mattina, con un quarto d’ora d’anticipo rispetto all’orario preannunciato da Daniela. I venticinque minuti programmati per svegliarci, vestirci, chiudere i bagagli a mano, scendere per la colazione e salire sul pullman sarebbero stati pochi. Le valige consegnate ieri sera sono già caricate. Alle quattro, con cinque minuti di ritardo, partiamo. L’aeroporto dista una trentina di chilometri e, grazie alle strade quasi sgombre, riusciamo a raggiungerlo in 40 minuti. Controllo e sigillatura dei bagagli che vengono imbarcati nella stiva dell’aereo, ceck-in, compilazione della carta di partenza, timbro del visto sul passaporto, sulla carta di partenza e sul foglio di imbarco. Ulteriore controllo di un supervisore con una divisa bianca e galloni in oro simili a quelli di un ammiraglio. Passaggio del bagaglio a mano ai raggi X e perquisizione personale. Finalmente possiamo iniziare l’attesa dell’imbarco vero e proprio che avverrà alle sette. Le operazioni hanno richiesto più di un’ora di tempo ed adesso ne abbiamo un’altra da trascorrere.

Seduti tutti sull’aereo si torna a casa.

Quando si viaggia e le giornate sono piene di avvenimenti, il tempo sembra più lungo ed il ricordo dell’arrivo è molto più lontano dei dieci giorni trascorsi.

Una grande quantità di immagini si confonde nella mente.

I templi, le strade piene di traffico, i tuc-tuc, il mare, i campi, gli alberi, i mercati variopinti, gli odori.

Una sola cosa mi rimane chiara: il sorriso di chi ha voluto, senza parlare, stabilire un breve ma intenso contatto.

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