Sabato 6 marzo 2004 Il
Taj Connemara di Chennai (Madras) è un albergo lussuoso con una bella
piscina, centro massaggi, sale e corridoi. Ad ogni angolo spunta un
inserviente. All’ora dell’appuntamento scendiamo nella hall, saliamo sul
pullman e cominciamo la visita di Madras. Si tratta della quarta città
dell’India per popolazione: ha dieci milioni di abitanti. La circolazione è caotica e rumorosa.
Continui colpi di clacson accompagnano l’avanzare dei mezzi. La maggior parte
dei veicoli che circolano è rappresentata da piccoli taxi a tre ruote che
assomigliano a degli “Ape” con capote che qui chiamano “tuc-tuc”. La
città si estende a ridosso di una larga spiaggia che si prolunga per più di
ventisei chilometri. La parte monumentale non è molto ricca. Iniziamo
la nostra visita dal Government Museum di Chennai. Visitiamo solamente la
parte dove sono esposte le statue risalenti ai tempi della dinastia dei
Chola. (IX-XIII secolo d.C.). I bronzi sono realizzati con la tecnica della
cera persa e raffigurano le principali divinità dell’Induismo. Shiva, Vishnu,
Ganesha, Parvati. Uno dei capolavori su cui ci soffermiamo è la raffigurazione di Shiva Ardhanarishvara (metà uomo, metà donna). L’artista che l’ha realizzata è riuscito a unire armoniosamente in un’unica figura le fattezze maschili e femminili. Purtroppo le statue sono conservate in vecchie teche mal illuminate. Raggiungiamo il lungomare, passiamo davanti al porto e ci fermiamo in una piazzola davanti alla spiaggia. |
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Un
gruppo di persone sta facendo dei riti propiziatori lavando una statua di
Shiva nell’acqua del mare. Questi riti vengono fatti nell’acqua del Gange,
che qui non arriva. Il mare, che ne contiene in parte le acque, si presta
come surrogato. Betta si toglie i sandali e si bagna i piedi, l’acqua è
calda. Lungo la riva si trovano, tirate a secco, delle barche da pesca. |
Attorno
sono disposte delle attrezzature grossolane: tramagli con lanterne agganciate
a taniche di plastica, per segnalare la presenza della rete una volta calata
in mare. Gruppi di pescatori aspettano all’ombra di alcuni pergolati di
paglia il momento propizio per partire per una battuta di pesca. |
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Proseguiamo
fermandoci davanti al tempio induista di Kapalishwara (il signore dei teschi)
dedicato a Shiva. La torre di ingresso (gopura) è in fase di restauro ed è
avvolta da una impalcatura in legno ricoperta di stuoie, che sembra sfidare
le regole della fisica nel restare in equilibrio. Davanti si trovano dei
negozi dove vengono confezionate corone di fiori e si vendono torce votive. |
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Per
accedere al cortile dobbiamo toglierci le scarpe, per rispetto al dio e per
pestare meglio gli escrementi disseminati per terra. Gli spessi calzerotti di
lana che ho portato, si rivelano quanto mai adeguati. Nell’interno
dei templi, che sono sormontati da tetti a piramide decorati con statue
variopinte, non possiamo entrare. Davanti al loro ingresso stazionano due
bramini che aspettano i fedeli con le offerte. Il
tour del pomeriggio termina con la visita ad un negozio a più piani, fatto
appositamente per turisti, che ha in vendita articoli di un supposto
artigianato locale. E’ curioso notare come in tutti i luoghi che ho visitato
questi negozi si assomiglino. Ognuno è consapevole che si tratta di prodotti
industriali dai prezzi superiori a quelli del mercato locale, ma ciò
nonostante continua a comperare. Viene offerta una bevanda, si crea un
sottile obbligo di riconoscenza e si spiuma il turista, pollo per
l’occasione. Alle
diciotto siamo di nuovo in albergo. Ci infiliamo, per provare l’ebbrezza di
fare qualcosa da soli, in un centro
commerciale che si trova girato l’angolo della strada del nostro albergo. I
prezzi sono più bassi, ma la musica non è cambiata. Il turista, animale
riconoscibilissimo a distanza, gioca comprando merci di cui non ha nessun
bisogno in un frenetico happening. Domani alle otto, chiusi i bagagli, si parte. |
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