Sabato 13 marzo 2004

Ci svegliamo presto. La luce filtra da un lucernaio e gli uccelli cinguettano alle prime luci dell’alba. Chiudiamo le valige ed andiamo a fare colazione. All’improvviso un muscolo della schiena si accavalla provocandomi un dolore lancinante. Il cameriere interviene prontamente e con poche abili mosse mi rimette a nuovo. Siamo proprio nella patria del Kerala Ayurvedic (massaggio secondo l’antica tradizione)

Alle nove tutti in pullman ma la meta è a poche centinaia di metri. Entriamo nella riserva del lago Periyar. Fatta una breve passeggiata a piedi sotto alberi dal fusto altissimo giungiamo all’imbarcadero dove partono le barche per un giro sull’acqua. La loro età sembra di poco inferiore a quella del lago.

Strabiliante la tecnologia per vuotare la sentina: a poppa è installata una pompa in ghisa da azionare a mano, uguale a quella che cinquanta anni fa veniva usata nelle nostre campagne per pompare l’acqua dalle cisterne. Ci dividiamo fra due imbarcazioni. Il motore borbotta e la barca inizia ad avanzare con circospezione. Il livello dell’acqua è molto basso e dal fondo spuntano come antichi scheletri gli alberi della foresta che erano lì, prima che le acque del lago artificiale allagassero la zona. La diga è stata costruita nel 1895 ed è più di cent’anni che i tronchi di teak sono ancora piantati senza essere marciti.

 

La speranza è quella di vedere un branco di elefanti. Vediamo otarie, bufali, aironi, ma elefanti niente. La nostra barca rimane indietro e perdiamo di vista quella dei nostri compagni che viaggia più veloce. Quando, tornando indietro, ci raggiunge, gli altri chiedono quanti elefanti abbiamo visto. “Quattro” è la risposta ed è con meraviglia che vediamo la loro barca virare e tornare indietro. Ma che stiano veramente cercando di vedere il gruppo di elefanti che abbiamo detto di aver avvistato?

La velocità della nostra barca, adesso che è sulla strada del ritorno, è aumentata sensibilmente. Il pilota probabilmente deve imbarcare altre persone ed è andato piano all’andata per percorrere meno chilometri. Ora spinge il motore al massimo per sbarcarci il più presto possibile: una volta arrivati aspettiamo per quasi mezz’ora l’arrivo del secondo gruppo.

Percorriamo a ritroso gli ottocento metri che ci dividono dal pullman. Sugli alberi curiose scimmie nere dalla capigliatura chiara, saltano da un ramo all’altro e più avanti una decina di bertucce scendono dagli alberi e si avvicinano, probabilmente abituate a ricevere da mangiare dai visitatori.

Mentre una di queste si sta avvicinando, una seconda la prende da dietro facendo il gesto di voler iniziare un accoppiamento. Enrico cerca di fotografare la scena, ma la prima bertuccia, non gradendo le intenzioni del compagno, si divincola.

“Non ci sono riuscito!” esclama Enrico, “Nemmeno lui” aggiungo io.

Torniamo all’albergo alle 12,30 e pranziamo, si parte alle 13,15. Dobbiamo attraversare la catena delle Cardamons Hills e scendere sino al livello del mare.

Poco dopo la nostra partenza appaiono le prime distese di tè. Si tratta di una pianta poco più alta di un arbusto i cui germogli vengono raccolti tre volte l’anno.

Una breve sosta per una foto e via di nuovo. La strada non è lunga ma molto tortuosa e l’arrivo è previsto per le diciotto.

Seconda sosta in un vivaio che coltiva piante da fiore per produrre le semenze. Possiamo acquistare bustine di ogni qualità, ma soprattutto abbiamo i bagni a disposizione.

Proseguendo attraversiamo piantagioni di alberi di caucciù. Si nota sul tronco di ognuno l’incisione per estrarre il lattice da cui si ricava la gomma. Dopo un numero infinito di curve arriviamo a Kottayam. Il cielo si è coperto di nuvole. Daniela dichiara soddisfatta: “Per le diciotto saremo arrivati e ci aspetta, come vi avevo promesso, un meraviglioso bagno in piscina davanti al tramonto”. Non fa neanche in tempo a finire la frase che un sinistro sibilo parte dalla zona posteriore del pullman.

Il conducente scende e controlla. Abbiamo bucato una delle due ruote gemelle sulla destra del veicolo. Siamo al centro del paese e l’autista tenta di proseguire. Ma fatti pochi chilometri, si ferma e ci informa che non possiamo avanzare senza cambiare la ruota. Alacremente, assieme all’immancabile assistente, inizia la faticosa manovra.

Scendo velocemente dal pullman per fotografare il sole che tramonta ma non ci riesco. Le nuvole lo coprono velocemente. Dopo pochi minuti comincia a gocciare ed in un attimo le poche gocce si trasformano in una pioggia scrosciante con tuoni e lampi. Quando arriviamo all’albergo piove ancora e il viale di accesso è pieno di grosse pozzanghere.

Il tramonto in piscina non lo abbiamo potuto vedere, ma il bagno non ce lo leva nessuno. Una nuotata in un’acqua a ventotto gradi con i lampi che ancora illuminano il cielo è una cosa che non possiamo perdere!

Cena e poi cerchiamo di fare una passeggiata verso il posto telefonico più vicino.

Arrivati all’ingresso dell’albergo ci accorgiamo che tutt’intorno a noi è buio profondo. Nell’albergo è in funzione un generatore di corrente mentre in tutta la zona manca l’energia elettrica.

La passeggiata la facciamo al bordo della piscina e nei vialetti dell’albergo che ha una serie di cottage che si raggiungono per mezzo di quattro vialetti.

Sono piccole casette immerse in un prato verde, tanto da averlo anche nel bagno. Meraviglia delle meraviglie, una parte del bagno è a cielo aperto e di fianco al water, il pavimento finisce per lasciare posto ad un tappeto erboso. Enrico è rimasto così meravigliato da venire a controllare se anche il nostro era fatto nello stesso modo.

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