Martedì 6 luglio 1999.

"Giovanni dove sei?". "Sono in autostrada all’altezza di Pisa". "Allora hai ancora un’ora abbondante di viaggio, sono già a Piombino, ti aspetto".

Quest’anno Piersandro Berti, mio cugino, Colonnello della Marina Militare, ha avuto nuovamente assegnato uno dei quattro "Grand Soleil 343", cabinati a vela di undici metri che sono in dotazione per la scuola velica e che d’estate vengono affidati per le crociere agli ufficiali.

L’equipaggio é formato dal comandante, Piersandro ovviamente, dall’ufficiale di rotta e marinaio, Michele figlio di Piersandro e da me timoniere cuoco e mozzo.

La barca é ormeggiata a Portoferraio nell’Isola d’Elba, portata lì proveniente da Livorno da Bigazzi, un collega di Piersandro che é già sull’isola da ieri.

Arrivo a Piombino, telefono a Michele e, dopo pochi minuti, ci incontriamo; trasbordo la mia sacca e le bottiglie di vino, poi cerchiamo un parcheggio che sia il più vicino possibile all’imbarco, dato che quando ritornerò dovrò trasportare a mano la mia monumentale sacca. Contratto il prezzo del parcheggio con il titolare che si dimostra irremovibile: conteggerà anche le poche ore di oggi come un’intera giornata, totale per sei giorni sessantamila lire.

Riprendo la macchina faccio manovra per entrare e... un’auto fa manovra ed esce da uno dei parcheggi liberi. Lo occupo, prendo le ultime cose e mi dirigo alla macchina di Michele che si é accostato dietro di me in mezzo alla strada.

Scende per aiutarmi, chiude lo sportello perché ha il condizionatore acceso e lascia il motore in moto.

La macchina ha avuto in passato un difetto per cui col motore acceso e con tutti gli sportelli chiusi é scattata la chiusura della serratura centralizzata. Coglie l’occasione per farlo la seconda volta proprio ora!

Col motore in moto, alle 15, in pieno sole, in mezzo alla strada e con un solo mazzo di chiavi infilato nel bloccasterzo all’interno dell’abitacolo, l’auto si é chiusa e sembra prendersi gioco di noi che non sappiamo cosa fare.

Prima di chiamare il carro attrezzi cerchiamo con un filo di ferro, da infilare fra lo sportello ed il cristallo, di riaprire le porte: mezz’ora di tentativi non approdano a nulla. Nel frattempo si ferma dietro di noi un TIR, una corriera e una trentina di macchine.

Attorno si forma un capannello di persone incuriosite e divertite per la nostra disavventura. Decidiamo che l’unica alternativa é rompere uno dei piccoli cristalli degli sportelli posteriori. Rompere un vetro temperato senza l’attrezzo adatto, un martelletto con una punta di acciaio, é un’impresa alquanto difficile. Il tentativo fatto con un normale martello riesce solo a scalfire leggermente il vetro.

Riprendiamo i tentativi col filo di ferro più per dimostrare a chi ci guarda che non ci arrendiamo piuttosto che convinti di poter riuscire ad ottenere il risultato sperato.

Uno dei curiosi partecipa più degli altri e ci dà un buon consiglio: levare la guarnizione sullo sportello per poter meglio guidare il ferretto.

Ora Michele ha più spazio e sente la resistenza al movimento del gancio introdotto nello spiraglio e, con un colpo di fortuna insperato, aggancia il ferro e fa scattare la chiusura.

Tutti in macchina, compriamo i biglietti per il prossimo traghetto e ci imbarchiamo.

La traversata é bella: ormai il sole é basso sull’orizzonte ed i colori sono splendidi. Dopo un’ora siamo all’Elba, sbarchiamo ed arriviamo al molo dove c’é Piersandro ad aspettarci.

Cominciamo a scaricare la macchina di Michele ed a trasferire tutto a bordo: sacche, provviste, acqua minerale, vino, canotto di appoggio, fuoribordo... l’auto assomiglia, per quello che contiene, più ad un camion da trasporto e l’operazione ci tiene impegnati oltre un’ora.

La barca é ormeggiata in modo sospetto, a prora oltre all’ancora é legata a bordo la cima di un corpo morto ed un’altra cima é legata ad una boa: troppe!

Bigazzi telefona a Piersandro e, senza che nessuno glielo domandi, dà una serie di consigli per levare l’ancora: portarsi con la barca in mezzo al porto e recuperare l’ancora dalla parte opposta all’ormeggio in modo che non si impigli nella catenaria a cui sono legati i corpi morti. Poi avverte che il motore dopo tre ore di moto in bolina perde gasolio.

Pensiamo che tanta premura sia un tantino pelosa. Il timore é che, arrivato in banchina senza domandare nulla per radio dell’attracco, abbia calato l’ancora troppo lontana dal molo al centro del porto poi, arrivato in banchina, abbia visto il corpo morto. A questo punto per fare un ormeggio migliore, abbia tentato di levare l’ancora incattivandola nel corpo morto, ed ecco i buoni consigli gratuiti.

Cena al ristorante a base di pesce e poi stanchi tutti a letto.

Una volta sdraiato nella mia cuccetta mi rendo conto di aver dimenticato, dopo due anni, un particolare importante: le chiusure dei boccaporti sono trasparenti e lasciano passare tutta la luce che c’é all’esterno. Io sono abituato a dormire al buio completo e così alla prima luce dell’alba mi sveglio. Riesco a trovare fra le cose che ho portato una maglietta blu che diventa una maschera per gli occhi e così mi sveglio alle nove meno un quarto.

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