Giovedì 22 luglio 2004 Non
abbiamo bisogno di scendere a terra e prima delle nove salpiamo l’ancora. Ci
dirigiamo verso una delle baie dell’isola di Klement che assieme a numerose
altre (isole Spalmadori) formano una barriera naturale a protezione del canale
Pakleni che dalla punta Pelegrin porta alla città di Hvar. Poco più di mezz’ora di navigazione e ci ancoriamo in fondo alla baia di Tarsce che Francesco ha scelto. Disturbiamo una piccola colonia di nudusti che si converte al costume dopo che altre barche che ci seguono si fermano vicino alla riva. Brunella si lancia con la cima in mano ed assicura la poppa ad una bitta in ferro piantata lì a bell’apposta. |
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E’ presto e dobbiamo passare qui il resto della mattinata. Oggi la brezza si é già alzata e rende possibile la passeggiata che iniziamo a fare percorrendo un sentiero che porta ad un ristorante poco lontano. In mezzo a rosmarini ginepri, corbezzoli e lecci avanziamo a fatica. I sandali in gomma per proteggere i piedi dalle rocce durante il bagno, non sono sufficienti per una lunga passeggiata. |
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Appoggiamo
i piedi a terra adagio e con circospezione. Siamo in costume e gli arbusti ci
graffiano. Tornati indietro Francesco ci riporta a bordo e ci buttiamo per un
bagno. L’acqua é fredda ma la voglia di rinfrescarci é così forte che non ce
ne accorgiamo. Fettine
alla pizzaiola, formaggio camoscio d’oro, zucchine trifolate e pesche al
limone. La
provvista dei viveri é ancora abbondante e potremmo proseguire la nostra
vacanza di una settimana almeno, ma il consumo delle scorte liquide si é
rivelato superiore al previsto. Ormai le stiamo finendo e dobbiamo trovare il
modo di rifornirci di vino locale. Questa
sera é prevista una sosta in rada e rischiamo di finire all’asciutto. Il
vento soffia al traverso ed é rinforzato. |
Ora
tende le nostre cime d’ormeggio, ma siamo sicuri che una volta usciti dalla
baia ci abbandonerà in una bonaccia spaventosa per impedirci di navigare a
vela. Piersandro
si butta a nuoto e scioglie l’ormeggio. Molla il cavo, non si tiene agganciato
e rischiamo di perderlo, la barca che deve iniziare a recuperare la catena
dell’ancora si sta già muovendo. |
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Michele
gli lancia una seconda cima e lo recupera. Issiamo le vele e pian piano
guadagniamo l’uscita della baia. Con nostra sorpresa il vento non é calato,
soffia a quindici nodi e con un paio di bordi riusciamo a metterci in rotta
per 330 gradi diretti alla nostra meta. L’andatura é entusiasmante, sbandati
di venticinque gradi sviluppiamo una velocità di otto nodi correndo sul mare
appena increspato. Michele é al timone e finalmente é sparita dal suo viso
l’aria annoiata degli ultimi due giorni. Le
signore, impegnate a prua nel rinforzare la tintarella, gradiscono meno la
cavalcata sulle onde. |
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Poggiamo
leggermente e proseguiamo con rotta per 350 gradi e alle diciotto entriamo
nella baia di Sesula sull’isola di Solta per passare la notte. Appena
ancorati, tutti in acqua. Il sole ci ha cotti: non ci siamo accorti del
calore per la brezza e adesso ci cospargiamo di crema dopo sole. Prepariamo
la cena: pizza per antipasto, telephone rouge (un coktail in voga al tempo
della guerra fredda) come aperitivo e pasta alla carbonara. Sono le 20 e
camuffando indifferenza, ognuno a turno su avvicina pian piano a Brunella che
comanda la cucina per sincerarsi di quanto tempo manchi ancora per sedersi a
tavola. Betta e Gherardo sono impegnati in una nuova sfida a burraco e stanno
cercando di coinvolgere Mariangela. Le
barche attorno battibeccano e si scambiano gli ormeggi. Speriamo di non
essere coinvolti, ma credo che niente riuscirebbe a far spostare il nostro
imperturbabile Francesco. Alle 22, terminato il pasto si apre di nuovo la bisca ed il banchetto delle zanzare. |
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