Martedì 15 aprile 2003

L'albergo Pulkouskya si trova in una grande piazza con al centro il monumento ai difensori eroici della città per la vittoria. Inaugurato nel 1975. Tutt'intorno all'obelisco centrale un largo anello stradale convoglia un fiume di macchine che non si ferma mai. Il sordo rotolamento dei pneumatici penetra dalla fessura della finestra della nostra stanza che non si riesce ad aprire ma che non si riesce neanche a chiudere bene: questa mattina ho l'impressione di avere viaggiato tutta notte.

Facciamo colazione nello stesso locale di ieri sera. Mario lo definisce dispersivo ma il buffet é molto concentrato e davanti ad ogni tavolo si formano lunghe file. Faccio il giro più volte per cercare quello che mi serve. Particolarmente difficile trovare il burro, non é a fianco delle marmellate. Betta lo vede nel banco dei piatti caldi. La fila davanti é lunghissima. Mi armo di un piattino, di un cucchiaio e mi intrufolo. Mastico un "sorry" e, prima che il signore che si trova davanti al contenitore del burro possa dire qualcosa, ho già riempito il piatto e detto col migliore sorriso di cui sono capace "thank you!"

Partenza col pullman alle 9.15. Ci ha raggiunto la seconda guida, Alice. Il cielo é grigio, ha piovuto tutta notte ed ora ha smesso.

La città di San Pietroburgo é stata fondata il 16 maggio 1703. Fra pochi giorni festeggerà il terzo giubileo. I lavori di restauro sono ancora in corso e molti palazzi sono coperti da impalcature. Gli ultimi ritocchi fervono febbrili. La città si chiama nuovamente San Pietroburgo dal 1991 a seguito di un referendum. In trecento anni ha avuto quattro nomi: San Pietroburgo, Pietrogrado, Leningrado e poi nuovamente San Pietroburgo. Percorriamo la strada che dal nostro albergo giunge dritta dritta sino al centro. Passiamo la porta di Mosca, un arco trionfale in ferro costruito per celebrare la vittoria sui turchi, e davanti ad una serie di palazzi. Olga elenca man mano che si tratta della fabbrica tessile, di quella alimentare, di quella dei prodotti latticini, del centro di vendita delle pellicce ecc. La localizzazione ordinata delle attività rivela un'imposizione nelle scelte. La strada termina nella piazza del fieno. A destra vediamo la torre dell'ammiragliato da cui si dipartono a raggiera le strade più importanti del centro. Di fronte, al di là del fiume la Fortezza del Santi Pietro e Paolo ed a fianco l'Ermitage, il palazzo d'inverno sede del museo opera di Bartolomeo Rastrelli.

Prima fermata in piazza della Borsa punto panoramico sul fiume con ai lati due colonne rostrate. Seconda fermata alla Fortezza di San Pietro e Paolo. Posta su un'isola collegata con ponti in legno alla città. All'interno l'omonima chiesa barocca, ora adibita a panteon dei Romanov sormontata da una cupola e da una torre alta 122 metri, ancora coperta dalle impalcature per i lavori di restauro, mentre la guglia, dorata di nuovo, riflette la luce del sole che sta facendo capolino fra le nubi.

All'esterno due persone in costume raffigurano Pietro il grande e Caterina e si offrono per una foto ricordo, ottenendo scarsi risultati.

Migliori sono quelli di alcuni caricaturisti che ritraggono qualche componente del gruppo. All'interno della fortezza c'è ancora oggi la zecca. Davanti al palazzo sono schierati i blindati che stanno per partire per una consegna.

La sosta successiva davanti alla cattedrale di San Isacco, aperta al culto sino al 1928 ora sede di un museo. La visita all'interno, a pagamento, non é contemplata.

Il programma prevede la visita al negozio Ottobre Rosso. Fatto apposta per turisti, i prezzi sono in euro o in dollari ed vengono accettate carte di credito. Siamo sicuri della qualità dei prodotti e la qualità si paga. C'é tutto quello che uno di noi possa voler comperare: giada, icone, matrioske, soldatini di piombo....

Un'ultima sosta sul fiume dove sono state poste due magnifiche sfingi egizie una di fronte all'altra. Il sole ha definitivamente bucato le nubi ed illumina le statue in modo suggestivo.

Ci fermiamo per il pranzo in un magnifico ristorante. Il locale si chiama "Pectopahb" che tradotto significa ristorante. Le sale poste in un palazzo a piano terreno sono a volta e dovevano essere le vecchie cucine. In quella in cui pranziamo c'è uno splendido forno a legna funzionante. Insalata mista per iniziare, il "borce", un piatto a base di brodo con cipolla e carne dall'aspetto rossiccio, merluzzo fritto con riso scondito, fagiolini, carote e piselli appena scottati, una torta di mele e caffé per finire.

Risaliamo sul pullman diretti all'Ermitage. "Un piccolo momento organizzativo", Olga richiama la nostra attenzione e ci consiglia di lasciare borse e cappotti in pullman per poter essere liberi e non dover perdere tempo al guardaroba. Entriamo di corsa. Ci dividiamo in due gruppi e cominciamo il giro.

Saliamo il grande scalone degli ambasciatori ed entriamo nei saloni monumentali del palazzo d'inverno con stucchi ricoperti di lamine d'oro zecchino. Cominciamo la visita da una mostra di quadri degli impressionisti francesi. Si tratta di quadri trafugati in Francia dai tedeschi e quindi presi dai russi. Per cinquanta anni non si é saputo niente delle tele che erano state poste nei sotterranei del museo.

Poco dopo ammiriamo i quadri di Rembrandt, della pittura spagnola, di quella italiana con dipinti di Tiziano, Caravaggio, dei Carracci e del Crespi, di Raffaello e di Leonardo. Nella sezione francese visitiamo le sale degli impressionisti con quadri di Monet, Gauguin, Pissarro, Renoir, Van Gogh e terminiamo con Picasso.

Un rapido giro in una sala per ammirare i quadri con animali della pittura olandese (sono raffigurati negozi e scene di caccia). Attraversiamo altri saloni con un'affascinante vista sul fiume. Molti di noi avrebbero voluto rompere i sigilli delle finestre per scattare foto del panorama che ora illuminato dal sole é stupendo.

Risaliti sul pullman ci fermiamo davanti alla chiesa della Resurrezione. Possiamo scattare solo alcune foto all'esterno. La chiesa ora é un museo. Tradotto: si paga un biglietto per entrare ed il corrispondente locale dell'agenzia di viaggio non ha inserito nel pacchetto il costo dell'entrata. Ci vengono concessi pochi minuti. Molti fuggono verso un mercatino di souvenir poco distante ed il recupero diventa laborioso. Siamo di nuovo in pullman e dobbiamo affrettarci. Abbiamo sforato l'orario previsto e bisogna congedare in fretta autista e guide. Ma la giornata di sole non invoglia a rientrare in albergo. Anche se sono già le 18 la luce illumina ancora le case e non sembra sia tardi. Viene proposto, a chi vuole, di scendere dal pullman e di raggiungere l'albergo con la metropolitana.

In quattordici ci avventuriamo ed abbandoniamo il mezzo comodo e sicuro per rientrare, tuffandoci nell'avventura. La guide ci danno alcune indicazioni sommarie per la via del ritorno e ci salutano. Nel momento in cui il pullman riparte, qualcuno di noi ha un attimo di esitazione: vede staccarsi il cordone ombelicale che ci lega al nostro angelo protettore Daniela. Adesso siamo abbandonati a noi stessi.

Anch'io sono stato preso di mira da uno dei caricaturisti. Non so se per disperazione o per mancanza di altri clienti e così acquisto lo schizzo, non perché sia bello il ritratto, ma solo per ringraziare l'artista dell'attenzione che mi ha dedicato.

Ci dirigiamo verso la prospettiva Nevskij costeggiando il canale che passa a fianco della chiesa. Così facendo riusciamo a fotografare meglio il monumento, non solo in controluce come prevedeva il giro programmato. Il gruppo corre compatto come se si trattasse di una marcia forzata. "Ma perché correte tanto?", "Non lo so!, così...." Forse l'agitazione di sentirsi soli ed abbandonati a se stessi fa correre i primi della fila come se inconsciamente desiderassero rientrare al più presto nel gruppo.

La direzione da prendere richiede delle consultazioni molto laboriose. Ognuno vuole dimostrare di essere il migliore a condurre, ma nessuno si prende la responsabilità di sostituire Daniela: troppo sarebbe l'ardire.

La prospettiva é percorsa da un fiume di persone e stare uniti non é facile. Riusciamo a percorrere poche centinaia di metri, poi decidiamo di entrare in un centro commerciale per sottrarci al flusso che vorticosamente ci passa a fianco e ci sospinge.

Torniamo sui nostri passi e ci tuffiamo nella metropolitana. Qui la corrente di esseri umani si fa impetuosa, ma é molto più ordinata. Tutti lungo le scale mobili tengono la destra per permettere a chi ha fretta un agevole sorpasso.

Nel salone fra i binari un'innumerevole quantità di persone si muove incessantemente come in un enorme formicaio.

Le guide nel lasciarci ci hanno detto: "non potete sbagliare per il ritorno prendete la linea blu e scendete alla stazione denominata Moskoskaia. C'è scritto". Si c'è scritto, ma le scritte sono in cirillico! Col riferimento della cartina cominciamo a contare e riusciamo ad individuare la stazione di uscita.

Non si trova nella piazza della vittoria ma in quella precedente dove c'è il palazzo costruito per diventare il municipio davanti al quale é posta la statua di Lenin. Da qui vediamo l'obelisco del monumento alla vittoria ed ognuno di noi si sente già a casa. Rincuorati e felici festeggiamo fotografandoci l'un l'altro come se avessimo conquistato la vetta del K2. "Fai un'altra foto con la mia macchina, aspetta un'altra con la mia...."

Dopo una decina di istantanee riprendiamo il cammino per percorrere i quattrocento metri (secondo la guida, ottocento per noi), che ci separano dall'albergo. Sono già le otto e la maggior parte del gruppo é già a tavola ed i camerieri hanno cominciato a servire la cena. Ci sediamo in un tavolo da sei dove sono liberi ancora due posti.

Gli occupanti hanno già mangiato il pesce persico con la marinata, l'insalata fresca e la carbonata, ma non hanno ancora ricevuto le tre birre che hanno ordinato. Impazienti chiamano un'altra cameriera e, dopo aver tentato di spiegarle che hanno già ordinato tre birre, le sollecitano. Qui commetto un errore: pensando di aver davanti un cameriere romagnolo, aggiungo: "più una, in totale quattro". Passano alcuni minuti e una delle cameriere porta quattro birre al tavolo di fianco. Il nostro amico non ci vede più dalla sete, ferma un terzo cameriere e gli dice che abbiamo ordinato quattro birre. Comincio a temere che ci arrivino undici boccali di birra ma sto esagerando perché ne arrivano solo otto.

Le cameriere deluse fanno il gesto di riportarle indietro ma altri alzano la mano e se le fanno servire. A questo punto la frittata é fatta. Il pranzo continua con manzo stroganoff con purè. Infine come dolce "cake" un tortino di panna e cioccolata, quindi tiriamo fuori i nostri rubli per pagare i debiti. La cameriera arriva con un conto di 225 rubli per la consumazione di tre birre (ogni boccale costa 75 rubli). Le allungo una banconota da cento e cerco di spiegarle che intendo pagarne una mentre il conto che mi ha portato riguarda gli altri occupanti del tavolo che a loro volta estraggono altre tre banconote da cento. La cameriera, vedendo quattro boccali sul tavolo mentre in mano ha un conto di tre, sbianca in viso e ritorna alla cassa. Dopo parecchi minuti ritorna, guarda il tavolo e non riesce a raccapezzarsi. La colpa é nostra: abbiamo confuso le carte, se i boccali ordinati erano tre, adesso come possono essere diventati quattro? Dopo una nuova consultazione con la cassa la ragazza ritorna. E' autorizzata ad incassare trecento rubli per quattro birre. Gliene porgiamo quattrocento pensando che dia il resto di settantacinque rubli per un conto e venticinque per quell'altro ma la mandiamo di nuovo in tilt. Qualcuno di noi, con un lampo di genio, risolve la situazione. Le toglie di mano una banconota e decide di regolare fra noi la questione dei resti. Il sorriso torna a splendere sul magnifico volto della ragazza.

La serata termina con un vodka party in una diversa stanza dell'albergo che é posta sul retro del palazzo ed ha le finestre che si possono aprire in modo da evitare alle gentili ospiti una sauna.

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