Lunedì 10 settembre 2007.
Alle nove del mattino siamo in attesa di Viktorya che è rimasta bloccata nel traffico. Siamo arrivati di sabato. Il traffico che abbiamo visto sino ad ora era quasi inesistente. Questa mattina riaprono le scuole ed il caos regna sovrano. Tutti hanno fretta e le macchine non lasciano passare i pedoni che cercano di attraversare sulle strisce. Alle 9,30 partiamo diretti a sud, unico lato della città non contornato da alture. Yerevan si sviluppa su cinque colli. Sullo sfondo si erge il monte Ararat con la cima coperta di neve, oggi perfettamente visibile. Ci fermiamo per cambiare gli euro in dram. Entriamo in una panetteria che sforna pagnotte cotte in un forno a legna verticale: nello stesso locale dentro un gabbiotto troviamo il cambio. Percorriamo una strada a due corsie per ogni senso di marcia. Ai lati scorgiamo campi coltivati con granoturco, alberi da frutta e ortaggi. I contadini offrono i loro prodotti a chi transita, esponendoli su improvvisati banchetti: pomodori mele, pere, pesche, angurie e meloni.

Dopo una quarantina di chilometri svoltiamo a destra diretti a Khor Virab. La costruzione, circondata da mura si erge su una collinetta nel bel mezzo della valle. Fra la collinetta e il monte Ararat scorre il fiume che segna il confine col territorio turco. Ci fermiamo prima di arrivare per scattare una foto panoramica, quindi il pullman ci lascia ai piedi della piccola altura.

Qui hanno inventato un commercio particolare: vengono offerte ai turisti delle colombe bianche da liberare sul belvedere del monastero, una piccola fabbrica di desideri da esprimere per due euro ciascuno. All'interno del cortile del complesso, in un angolo c'è la costruzione che nasconde una camera sotterranea col soffitto a volta, senza finestre a cui si accede da un camino, dove è stato rinchiuso per 14 anni san Gregorio l'illuminatore. Ora nel camino è stata installata una scala perpendicolare di ferro con i gradini resi lisci e scivolosi dal continuo afflusso dei pellegrini. Scendiamo in tre e giunti sul fondo respiriamo a fatica per la scarsità di ossigeno e per la forte umidità.

Resistiamo pochi minuti e non vediamo l'ora di percorrere la disagevole risalita per tornare all'esterno: solo un santo poteva resistere chiuso qui dentro al buio per così tanto tempo. La costruzione della chiesa è in pietra a forma di croce. Esco dal cortile e raggiungo la sommità del piccolo colle per ammirare il monumento dall'alto. Sulla sinistra in basso si trova un grande cimitero.

Ripartiamo proseguendo il nostro viaggio lungo la stessa strada a quattro corsie che abbandoniamo dopo pochi chilometri, girando a sinistra in una grande rotatoria. La strada comincia a salire ed il paesaggio diventa più aspro. Raggiungiamo il passo e cominciamo a scendere nella valle opposta. Passata la città di Areni giriamo a destra e ci inoltriamo in una stretta valle con alte pareti rocciose. La strada si inerpica sino a giungere al monastero di Noravank dove arriviamo a mezzogiorno.

Qui ci sono due chiese, la prima a due piani con al centro una cupola campanile. Si accede al piano superiore con due ripide scale in pietra con alti gradini agganciati alla parete della facciata senza alcun riparo. La seconda chiesa, più antica, ha davanti, collegata all'ingresso, una costruzione quadrata denominata gavit che serviva per le riunioni e da refettorio.

Addossata alla sinistra della chiesa si trova una seconda cappella. Nelle pareti sono scolpite una serie di croci votive di varia fattura e dimensione. Pranziamo a fianco del complesso in un locale con una cucina ruspante come i polli arrosto che ci vengono serviti. Il pullman si lancia lungo la discesa che ci appare molto più ripida di quando l'abbiamo percorsa in senso opposto: sembra di scendere la pista di un ottovolante. Ci fermiamo ad Areni in un'azienda vinicola per la degustazione del vino omonimo locale. La cantina sembra avere grandi pretese, ma dalle attrezzature che dispongono non possono essere in grado di produrre un vino di alta qualità. Ripartiamo per rientrare ad Yerevan. Il nostro autista sembra comportarsi come i cavalli che in prossimità della stalla accelerano e ci riporta velocemente in città.

Recuperiamo la visita della nuova cattedrale di San Gregorio inaugurata nel 2001 che dovevamo vedere sabato. La chiesa moderna è di forme semplici ma al tempo stesso eleganti e riprende la struttura della volta a costole incrociate dei manufatti medioevali. Pur essendo grande dà la sensazione di essere raccolta.

Nell'ingresso principale si trova un piccolo altare dov'è racchiusa una reliquia di san Gregorio, molto venerata dai fedeli, donata dal Papa Giovanni Paolo II in occasione della sua visita in Armenia. Poco prima delle 18 rientriamo in albergo per un meritato riposo. Una doccia, poi una passeggiata verso il centro per telefonare a casa. Cena al ristorante Mimino, quindi una nuova passeggiata per raggiungere l'albergo partendo da piazza della Repubblica. Dobbiamo decidere se accettare l'offerta per una gita extra nel nord del paese che avevamo richiesto da fare nella giornata di venerdì. Non ci spaventano tanto i quarantacinque euro richiesti, che comunque non ci sembrano pochi, ma ci dà fastidio la richiesta dell'agenzia locale di firmare una liberatoria per rinunciare alla copertura assicurativa. .

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