Lunedì 28 febbraio 2005

Alle 7,30 siamo già pronti e ci rechiamo nella sala da pranzo per fare colazione è tutto a self-service. Non vediamo nessun cameriere. Prendiamo posto in un tavolo tondo con vista sul canale e sui monti vicini ricoperti di neve.

A fianco del bricco dell’acqua calda per fare il tè o gli infusi di erbe sono sistemate una serie di bustine. Una di queste dal colore giallo attira la nostra attenzione. La dicitura sottolinea le virtù dell’infuso: “facilita su digestion”, ma rimaniamo perplessi sulla vera efficacia della mistura, perché troviamo un pizzico di contraddizione con la marca del prodotto:”Cachamai”.

 

Alle 9 il pullman ci accompagna alla stazione di partenza del Ferrocarril Austral Fueghino: el tren del fin del mundo. Un trenino a vapore che ripercorre il tracciato a scartamento ridotto della ferrovia che portava in città il legname tagliato dai carcerati del penitenziario all’inizio del novecento.

Il trenino è una ricostruzione, sembra un giocattolo, ma è molto divertente.

Quattordici di noi prendono posto sulle carrozze. Gli altri proseguono in pullman verso la Baia Ensenada per una passeggiata lungo la costa. Il giro in treno non era previsto. Daniela ha accontentato un desiderio di Paolo che non resiste al fascino di un treno.

 

Il tracciato della ferrovia corre lungo la valle del rio Pipo. Il trenino fa una prima fermata alla Estacion Cascada la Macarena, per proseguire lungo la Turbac e giungere alla Estaciòn Anden Parque Nacional.

Raggiungiamo il resto del gruppo alla baia Ensenata proprio in tempo per vedere i nostri compagni ritornare dalla passeggiata lungo la riva dello stretto di Beagle

Proseguiamo la nostra visita nel Parque Nacional Tierra del Fuego. Facciamo tappa a Los Castores. Una valle dove ci sono alcune dighe costruite dai castori lungo il fiume. Questi animali sono stati introdotti in queste zone nel 1946 con risultati devastanti. Non avendo antagonisti naturali si sono moltiplicati a dismisura, la temperatura d’inverno non è abbastanza rigida e la pelliccia degli animali non diventa folta e pregiata. La loro presenza distrugge intere zone di bosco. Sono stati istituiti premi per la loro cattura, ma senza risultati apprezzabili.

Terminiamo il nostro giro alla baia la Pataia, l’ultimo avamposto prima del confine cileno e termine della strada panamericana dopo un percorso di 17847 chilometri.

Torniamo in città. Abbiamo poco più di un’ora prima di imbarcarci per la crociera nel canale di Beagle. In molti vanno a mangiare i granchi e i frutti di mare, piatto tipico locale, in un locale che Iris ci raccomanda e dove ha prenotato i posti. Noi, vista l’avversione di mia moglie per il pesce, passeggiamo lungo la via San Martin, strada principale del paese. Acquistiamo sei brioche e due panini dolci per la folle cifra di tre pesos.

Con poca fatica impieghiamo il tempo che ci separa dall’appuntamento per l’imbarco dell’escursione marittima, guardando i negozi ed il via vai del traffico.

La città di Ushuaia, il cui nome significa baia che penetra verso ovest, trae le sue origini dalla volontà del governo Argentino di popolare a tutti i costi queste terre, temendo le mire espansionistiche del Cile. Nel 1896 arrivò qui il primo gruppo di carcerati e venne iniziata la costruzione di un carcere che ha funzionato sino al 1948. Poi sono state intraprese varie iniziative per colonizzare il luogo. Oggi, con l’espandersi del turismo, la città è in forte espansione e le case, in prevalenza a due piani monofamiliari, sono di stile diverso le une dalle altre e si affiancano formando una multiforme confusione.

Partiti dal porto il panorama della città vista dal mare diventa  omogeneo e la vista d’insieme appare più bella.

Il catamarano, dopo una mezz’ora di navigazione raggiunge il faro Les Eclaireurs, posto al centro del canale verso est. Tutt’attorno gli isolotti sono letteralmente ricoperti da leoni marini che vi si accalcano per riposare.

Ci avviciniamo e possiamo vederli da vicino e sentire l’odore di pesce che emanano. Poco lontano lo spettacolo continua con l’isola dei cormorani.

Il cielo è costantemente coperto, a tratti cade qualche goccia di pioggia, non c’è vento. La luminosità, nonostante il filtro delle nuvole, è molto intensa.

Rientriamo a Ushuaia. Scendendo ci danno un buono per una cioccolata in tazza da consumare in una pasticceria poco lontana dal porto. Ci precipitiamo tutti assieme al negozio col risultato di bloccare la confetteria. Qualcuno di noi si spazientisce, anche se le commesse invitano ad aspettare qualche minuto. C’è chi, adirato, straccia il buono omaggio in faccia alla cassiera.

Qualche piccolo acquisto e ormai è ora di rientrare. Prendiamo un taxi che per otto pesos ci riporta in albergo.

Ora il vento ricomincia a soffiare ed cielo si è aperto

Cena con vitello tonnato e con merluzzo bollito con salsa. Da pesce veloce del baltico è diventato pesce veloce dell’antartico.

Per finire, anche questa sera un’ottima macedonia di frutta fresca. Qualche saluto attraverso il collegamento internet dell’albergo, poi tutti a letto.

 

Martedì 1 marzo 2005

Sveglia alle 7,45. Il tempo é bellissimo, il cielo è terso ed il sole illumina lo stretto. Abbiamo la giornata a disposizione e per 22 di noi Daniela ha organizzato una gita nei dintorni. Prima ci fermiamo in un punto panoramico alle spalle della città, dove si trovano alcune piazzole con le postazioni dei cannoni che sono stati piazzati lì durante la crisi col Cile del 1978, dovuta alla rivendicazione del possesso dei tre isolotti che si trovano davanti all’ingresso ad est del canale di Beagle.

Attraversiamo la città e percorriamo la strada numero tre. Davanti abbiamo la montagna Olivia con la cima che assomiglia alla punta di un arpione ed alle sue spalle il monte dei cinque fratelli con cinque cime, una di franco all’altra. Percorriamo la valle Olivia e ci fermiamo alla base del monte in una curva del tracciato abbandonata per la rettifica del tratto di strada. Qui i fedeli locali hanno costruito un vero e proprio mercatino del santuarietto. A fianco di due costruzioni più grandi, una dedicata al Gaucito Antonio Gil, colorata in rosso e contornata da bandiere delle stesso colore, l’altra dedicata alla Difunta Correa, morta di sete. La tradizione locale venera questi due personaggi e dedica loro un culto particolare disseminando una serie di tempietti lungo le strade nei punti dove sia possibile una sosta.

Entriamo nella valle del Carbajall e ci fermiamo per una nuova sosta panoramica. Il fondo della valle è piatto e costituito di torba. A sinistra si distingue una torbiera, dalla parte opposta la valle si distende con direzione est-ovest contornata da monti alti poco più di cinquecento metri e la neve che li ricopre si sta sciogliendo rapidamente.

Durante l’inverno la zona é ricoperta da un metro di neve e vi si può praticare lo sci di fondo. Dopo poco ci fermiamo allo chalet Las Cotorras, centro invernale di sci di fondo con un circuito di tre piste concentriche. A fianco del ristorante ci sono decine di cucce per i cani da slitta. Poco oltre passiamo sotto alla seggiovia che collega la stazione con la pista di discesa.

 

La strada comincia a salire ed arriviamo al passo Garibaldi, non dedicato all’eroe dei due mondi ma semplicemente al progettista del tratto di strada. Scendiamo dal pullman e, a piedi, ci dirigiamo verso il lago Escondido che dista quattro chilometri. Una passeggiata in discesa lungo una strada sterrata. Il sole picchia forte e non tira un alito di vento. Le montagne si riflettono nello specchio del lago che non ha una increspatura.

Alle 12,20 raggiungiamo la riva. Il pullman é già arrivato, Una breve sosta e poi di nuovo a bordo per tornare in città. Ci aspetta un viaggio di un’ora. Ripercorriamo a ritroso la strada e alle 13,45 siamo sul lungomare davanti all’hotel Albatros, punto focale di ogni appuntamento. Qui dobbiamo tornare per le 15,30 per la visita della città. Il ristorante che Iris ci ha consigliato è pieno. Troviamo posto al ristorante Tante Nina che si trova sopra alla filiale della banca nazionale del lavoro dove abbiamo prelevato altri pesos. Qualche titubanza poi una gentile signora, seduta in un tavolo vicino, ci consiglia di ordinare il granchio (centolla al natural), classico piatto locale. Betta ordina una minestra di verdura. Ci servono tre piatti abbondanti innaffiati da uno squisito sauvignon marca Newen, vino bianco patagonico.

Una breve passeggiata lungo via San Martin e ci dirigiamo all’appuntamento per il giro della città.

Facciamo una prima sosta sul promontorio dell’aeroporto, davanti alla città, poi percorriamo le strade dei quartieri residenziali, quindi quelle dei quartieri più poveri. Vi si affacciano principalmente casette a uno o due piani, con a fianco il proprio giardino. Quelle che sono state costruite per prime sono in legno a forma di cuneo, con le falde del tetto spioventi sino a terra. Poggiano su due grossi tronchi: erano fatte per poter essere spostate perché il terreno veniva dato in concessione temporanea dallo stato, mentre il terreno privato era molto costoso. Le case sono costruite in modo disordinato e difficilmente una assomiglia a quella di fianco. I tetti sono costituiti in prevalenza di lamiera e a volte anche le pareti sono costruite con lo stesso materiale. L’intelaiatura é in legno. La città é cresciuta molto in fretta.

Ci fermiamo per la visita al museo della fine del mondo, ricavato in una costruzione già sede del banco de la naciòn Argentina. Inaugurato nel 1973. Se pur piccolo, é composto di varie sezioni, una dedicata all’etnografia, una ai naufragi delle navi nel canale, una agli uccelli locali. Nel museo é presente anche una biblioteca dedicata alla conoscenza del luogo.

(http://tierradelfuego.org.ar/museo).

 

La seconda visita la facciamo al museo marittimo che ha sede nei locali dove si trovava il carcere. Era formato da cinque bracci con 79 celle ciascuno. Le 380 celle sono state costruite per una sola persona ma i carcerati sono stati anche più di seicento. (http://www.usuaia.org).

Terminata la visita raggiungiamo a piedi l’hotel Albatros. Fa molto caldo e ci sembra che questa volta la terra del fuoco, prevalentemente gelida, sia veramente infuocata, non osiamo pensare che cosa ci aspetti a Iguaçu.

Iris dice che giornate con sole e senza vento ce ne sono al massimo una o due all’anno, ma non tutti gli anni.

Alle 18,15 Daniela fa l’appello dei bagagli che ha caricato in albergo: sembra che non ne manchi nessuno. Raggiungiamo l’aeroporto, spediamo le valige e alle 19,30 iniziamo a salire sull’aereo per il nostro quarto volo.

Dai finestrini riusciamo a vedere la miriade di canali e di laghi della zona, poi sulla nostra sinistra si accende un tramonto in quota dai colori indescrivibili.

Ci servono uno snack con alcune bevande. I due tramezzini non hanno sapore. Ci accorgiamo della presenza del prosciutto cotto fra le fette di pane solo perché lo vediamo. Ci rifaremo al nostro arrivo che é previsto alle 22, quindi il trasferimento in hotel e lì una cena di mezzanotte.

All’arrivo a Trelew troviamo una temperatura di ventidue gradi. Recuperiamo velocemente le valige, il nostro albergo si trova a soli sette chilometri dall’aeroporto. Saliamo sul pullman, un veicolo malandato più volte riverniciato. L’impianto di amplificazione, come al solito, funziona male.

Conosciamo la nostra guida locale Armando. La prima impressione é pessima. Vuole fare lo spiritoso a tutti i costi e comincia a raccontarci che domani, nella visita alla penisola di Valdés che durerà più di indici ore, la maggior parte del percorso é su strada sterrata e pertanto dovremo pagare un supplemento di settanta euro per il vibromassaggio extra. Pochi capiscono tutto il discorso, l’unica cosa che capiscono é “pagare settanta euro” e lo scherzo non risulta per niente gradito.

Fra cori di: “fatelo tacere!..” e altri non ripetibili, il nostro viaggio termina.

Siamo arrivati all’hotel. Il nostro angelo custode Daniela si occupa delle valige mentre noi ci dirigiamo in sala da pranzo. Se ce l’avessero detto, non avremmo mangiato quelle schifezze di tramezzini che ci hanno propinato in aereo! E così la cena non é stata quella di mezzanotte ma delle ventitre. Vitel tonné, carne alla brace con funghi e patate arrosto.

A mezzanotte raggiungiamo stanchi le nostre stanze. Domani mattina sveglia alle 6,45.

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